Il governo, col ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, potrebbe fare un tentativo in extremis di recuperare la Cgil all’accordo sulla produttività. Questo perché lo stesso Passera, investito dal premier Mario Monti di seguire la trattativa, ci terrebbe a una conclusione unitaria, dicono i suoi stretti collaboratori. Contro l’accordo separato ha intanto già messo in atto un pressing il Pd.
Oggi la Uil di Luigi Angeletti riunirà la segreteria per decidere se firmare o meno l’accordo sulla produttività. La scelta, salvo sorprese, sarà di sottoscrivere l’intesa, sulla quale hanno già concordato tutte le associazioni imprenditoriali (Confindustria, Abi, Ania, Alleanza cooperative, Rete imprese Italia) e due sindacati, la Cisl e l’Ugl. A quel punto mancherà solo la risposta della Cgil, che non è ancora chiaro quando arriverà, anche perché in questi giorni il segretario generale, Susanna Camusso, è in Turchia per impegni di lavoro. E qui potrebbe inserirsi Passera, con una iniziativa formale o riservata, anche se le possibilità che riesca a convincere la Cgil sono basse, visto che questo sindacato ritiene il ministro e più in generale il governo responsabili della conclusione negativa del negoziato.
Anche il Pd è scettico. «Se devo basarmi su quanto ha fatto finora Passera non faccio affidamento sulla sua iniziativa — dice il responsabile Economia del Pd, Stefano Fassina, secondo il quale il testo dell’accordo condiviso finora da imprese, Cisl e Ugl «apre delle prospettivi utili per affrontare questa fase difficile, ma contiene alcuni punti che richiedono approfondimenti». Per Fassina, insomma, poiché l’accordo separato va evitato, non c’è che una soluzione: cambiare qualche passaggio del testo, per dare alla Cgil quelle garanzie che chiede, in particolare sulla salvaguardia del ruolo del contratto nazionale. Ma si tratta di una soluzione impraticabile secondo le associazioni che hanno già sottoscritto l’intesa e per le quali il testo, che sposta il peso della contrattazione sui contratti aziendali e decentrati, non è più modificabile.
Fassina si appella al «senso di responsabilità di tutti». Ma ormai nessuno dei contendenti si fida più dell’altro. Anche l’eventuale tentativo di Passera sembra fuori tempo massimo. Si va verso un accordo senza la Cgil. Che creerà non pochi problemi al Pd. «Siamo preoccupati» dice l’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che già fa intravvedere azioni di disturbo sul governo: «Invece di mettere tutti questi soldi sulla detassazione del salario frutto di accordi di produttività, che in tempi di crisi è difficile se ne facciano tanti, sarebbe meglio aumentare i fondi per la cassa in deroga, di cui invece c’è bisogno».
Enrico Marro – Corriere della Sera – 19 novembre 2012