L’assessore Ciambetti: «È un pasticcio e la questione dei costi mi puzza di bruciato. Ridefinire i confini dell’epoca dei Savoia»
I Santi patroni sono salvi, le Province no. Il Governo ha deciso che accorpare le festività non comporterebbe alcun risparmio economico e quindi ha preferito lasciar stare, in compenso ha usato l’accetta per gli enti locali: da qui ai primi di settembre, e non ci sono ferie né feste che tengano, dovranno scomparire 64 Province su 107. I relativi territori dovranno essere uniti, aggregati, accorpati alle 43 che si salveranno. E per salvarsi c’è una sola possibilità: avere almeno 350mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati.
Popolazione e terra. Così ha stabilito ieri il Consiglio dei ministri fissando i criteri per sforbiciare le Province annunciati col decreto della spending review. Accetta anche sulle competenze: le Province non potranno più dire una parola su caccia, centri di collocamento, edilizia scolastica; manterranno solo le deleghe di ambiente, trasporto, viabilità. Il resto, urbanistica compresa, andrà ai Comuni. E in un secondo momento scatterà il dimezzamento delle prefetture e un deciso taglio per questure, uffici scolastici provinciali e Inps.
«Un pasticcio», dice Roberto Ciambetti, assessore agli Enti locali del Veneto che per giovedì prossimo ha convocato la Conferenza Regione-Autonomie locali per iniziare questo taglia-e-cuci di Province: «La vigilia dell’incontro a Venezia sarò a Roma per la Conferenza Stato-Regioni e lì dovrebbero darci indicazioni più precise. Ma c’è troppa roba che mi puzza di bruciato». Le cose certe per il Veneto, al momento, sono due: dal 1° gennaio 2014 ci sarà la Città metropolitana di Venezia che prenderà il posto dell’attuale Provincia; delle attuali sette Province le uniche a restare in vita, perché in regola con i paletti fissati a Roma, saranno Verona e Vicenza. Belluno, Rovigo, Treviso, perfino Padova: addio.
Che ne sarà di loro? Belluno dovrà necessariamente unirsi con la confinante Treviso? E Rovigo attaccarsi a Padova? O ci sarà la possibilità di smembrare le Province da sopprimere, mettendo un pezzo di qua e un pezzo di là? Ciambetti – che, stando a quanto deciso ieri dal Governo Monti, dovrà far presentare la proposta di aggregazione dalla Conferenza Regione-Autonomie locali – propende per quest’ultima ipotesi: «Le attuali Province le disegnarono gli austriaci e i Savoia, il cavallo è un po’ cambiato e sarebbe il caso di cambiare i criteri nella definizione dei confini».
Sarebbe a dire? «Non mi sembra correttissimo unire Padova con Rovigo e Treviso con Belluno». Effettivamente le rispettive popolazioni hanno espresso posizioni diverse. Ad esempio: c’è un pezzo di Polesine che preferirebbe aggregarsi a Verona piuttosto che a Padova. Così come Adria potrebbe puntare su Venezia. E, a proposito di Città metropolitana, chi dice che le località “estreme” – Cavarzere e Cinto Caomaggiore – non vogliano andarsene dalla laguna?
Il tempo, però, stringe: i quaranta giorni fissati dal decreto sulla spending review dello scorso 5 luglio non sono stati “allungati”. Anzi, pare sia stata l’indicazione di far presto. Dalla definizione dei criteri – decisi appunto ieri – rimane dunque alle Regioni poco più di un mese per aggregare le Province e chiudere i conti di quelle destinate a chiudere. 40 giorni per spostare personale, uffici, pratiche. E poi c’è la partita delle competenze: le Province – che diventeranno tra l’altro enti di secondo grado, non più eletti direttamente dai cittadini – avranno solo ambiente, trasporto, viabilità e dovranno cedere tutto il resto ai Comuni.
«Resterà una struttura da sostenere con pochissime deleghe – dice Ciambetti – Ma quello che mi preoccupa è il fatto che abbiano parlato di “costi intermedi” anziché di costi standard. E questo mi puzza di bruciato». Perché? «È la formula tecnica che si usa per i costi dei servizi in certi posti. L’impressione è che serva a tutelare quegli enti che hanno personale in sovrabbondanza. E non siamo certo noi». Servirà per risparmiare? Il governatore Luca Zaia si dice d’accordo con il presidente della Provincia di Treviso Leonardo Muraro: «Quello dei soli amministratori è un taglio relativo».
Gazzettino – 21 luglio 2012