Dipendenti pubblici, gli effetti dei nuovi contratti devono partire dal 30 luglio 2015. Illegittimo il nuovo blocco
di Gianni Trovati. I dipendenti pubblici hanno diritto al rinnovo contrattuale dal 30 luglio 2015, cioè dal giorno successivo alla pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» della sentenza 178/2015 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di un ulteriore congelamento dei rinnovi. Cominciano a moltiplicarsi le pronunce dei tribunali che ribadiscono questo principio, in contrasto con i calcoli governativi che invece puntano al rinnovo dal 1° gennaio 2016. Questa volta è il Tribunale di Parma, che nella sentenza 114/2016 della sezione lavoro dichiara «l’illegittimità del regime di sospensione della contrattazione collettiva a partire dal 30 luglio 2015», ritornando su un principio già espresso dai giudici di Reggio Emilia (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 29 febbraio). Con questi presupposti, che portano alla condanna del pagamento delle spese processuali a carico del datore di lavoro pubblico, si pongono le premesse anche per un possibile riconoscimento del danno da mancato rinnovo nel periodo “aperto” dalla Consulta.
Lo schema seguito a Reggio Emilia e Parma, con il ricorso presentato da un gruppo di dipendenti dello stesso tribunale seguiti dalla Confsal-Unsa, ripropone il meccanismo che a suo tempo ha spinto la questione alla Consulta, e che ha portato quindi alla dichiarazione di illegittimità di un nuovo blocco contrattuale.
Fin qui i prinicipi di diritto, anche se naturalmente passare ai fatti non è facile. La convocazione all’Aran del tavolo finale per la definizione dei comparti, annunciata nelle scorse settimane, è tornata nell’ombra, e la riduzione da 11 a 4 delle aree del pubblico impiego è la premessa indispensabile per far ripartire i rinnovi. Superato questo ostacolo, ci sarà poi da affrontare il tema spinoso delle risorse: questione che diventa ancora più ostica se gli effetti in busta paga devono partire dal 30 luglio 2015 e non dal 1° gennaio 2016.
Il Sole 24 Ore – 22 marzo 2016