
Pubblico impiego, pausa pranzo di 10 minuti. Rinnovo del contratto, possibile taglio dall’attuale mezz’ora. E spunta il tetto agli straordinari
Claudia Voltattorni. Chiudere al più presto. È l’obiettivo di ministra (soprattutto) e sindacati per arrivare alla firma del nuovo contratto degli statali. Entro Natale è la dead line che si è data la titolare del ministero della Pubblica amministrazione Marianna Madia. E oggi pomeriggio i sindacati si ritrovano con l’Aran, l’agenzia che negozia per conto del governo, per un nuovo incontro di trattativa, che potrebbe essere quello finale. «Se serve, si andrà avanti fino a notte», azzarda qualcuno. Anche perché i temi sul tavolo sono molti. A partire da quello sulla retribuzione su cui il confronto vero e proprio deve ancora partire.
Nel frattempo, tra le ultime novità per i dipendenti pubblici entra anche la questione della pausa pranzo. Nella bozza del nuovo contratto si ipotizza una riduzione del tempo minimo dedicato al pasto, previsto dopo le sei ore continuative di lavoro: da «almeno 30 minuti» ad «almeno 10 minuti». Un’idea che una parte del sindacato potrebbe accettare perché verrebbe incontro all’articolazione dell’orario flessibile. Ma che creerebbe delle difficoltà per il rilascio dei buoni pasto. Spunta anche il tetto agli straordinari, misura già sperimentata in passato in alcuni settori ma che potrebbe essere estesa a tutto il comparto che riunisce ministeri, agenzie fiscali e parastato. Un’ipotesi fissa il tetto a 180 ore, ma la questione è ancora tutta da discutere. Così come la battaglia contro l’assenteismo con la possibilità di far «pagare» a tutto l’ufficio le assenze strategiche di alcuni impiegati. Misura che piace molto poco ai sindacati e che Confintesa chiede di estendere anche i dirigenti dell’ufficio «che devono essere i primi a pagare i danni dell’assenteismo».
Intanto, arrivano nuovi dati sull’occupazione nella nota trimestrale di Istat, Inps, ministero del Lavoro, Inail e Anpal. Nel terzo trimestre 2017 il tasso di occupazione è arrivato a quota 58,1%, con 2,7 punti in più rispetto al minimo del terzo trimestre 2014 che fu di 55,4%. Nel 2008, prima della crisi, era al 58,8%. Aumentano dunque i contratti: quasi 1,2 milioni in tre anni, ma 837mila sono a tempo determinato e viene evidenziata «una nuova forte crescita» del lavoro a chiamata passato in tre mesi da 122mila a 217mila lavoratori.
Il Corriere della Sera – 20 dicembre 2017