L’Inps – ex Inpdap – è tornata pochi giorni fa a ribadire che, quando possibile, i lavoratori del pubblico impiego devono essere pensionati prima dei 70 anni.
L’istituto di previdenza, con il messaggio n. 8381 del 15 maggio, chiarisce che il datore di lavoro pubblico è tenuto a risolvere il rapporto di lavoro con il dipendente qualora questi abbia raggiunto i limiti di età previsti dall’ordinamento di appartenenza e sia in possesso del requisito contributivo per il diritto al trattamento pensionistico anticipato, anche se conseguito dopo il 31 dicembre 2011. La Funzione pubblica, con la circolare 2 dell’8 marzo, aveva già precisato che tutti i dipendenti pubblici in possesso di un qualsiasi diritto a pensione (vecchiaia, quota o 40 anni di contributi) maturato entro il 31 dicembre 2011 continuano a essere soggetti al limite ordinamentale (65 anni). Anche le lavoratrici pubbliche, che fino allo scorso anno potevano accedere alla pensione di vecchiaia (nate entro il 1950 e quindi con 61 anni entro il 2011) in presenza del requisito minimo contributivo, non sono soggette ai nuovi requisiti. Tali lavoratori, anche se ancora in servizio, non possono essere soggetti, neppure su opzione, ai nuovi requisiti di età e di anzianità contributiva stabiliti dalla riforma Fornero. Palazzo Vidoni prosegue affermando che per i dipendenti che hanno maturato il diritto alla pensione (diversa da quella di vecchiaia e quindi con i requisiti per la pensione anticipata) l’età ordinamentale costituisce un limite vincolante e il datore di lavoro deve far cessare il rapporto di lavoro. Ne consegue che l’età ordinamentale non costituisce un paletto da applicare solo nei confronti di chi ha maturato un qualsiasi diritto alla pensione entro il 2011, ma deve essere applicato nei confronti di tutti i lavoratori. Naturalmente, prima di procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro, l’amministrazione deve verificare l’acquisizione del diritto alla pensione anticipata. Pertanto il lavoratore che non ha maturato il diritto alla pensione entro il 2011 ma che, una volta compiuti 65 anni di età ha perfezionato i requisiti per il conseguimento della pensione anticipata (nel 2012 servono 42 anni e un mese di contributi per gli uomini e 41 anni e un mese per le donne) dovrà andare in pensione.
Questa interpretazione contrasta con lo spirito della riforma che incentiva l’attività lavorativa fino a 70 anni. Inoltre, considerato che dal 2013, saranno vigenti i nuovi coefficienti di trasformazione del montante in rendita (quota contributiva) a causa dell’aumento della speranza di vita, a parità di montante e di età anagrafica la quota C (cioè quella calcolata secondo il sistema contributivo per le anzianità acquisite dal 1° gennaio 1996) subirà una flessione verso il basso.
Ilsole24ore.com – 25 maggio 2012