Quasi 50 contratti diversi: il governo prova a mettere ordine
In Italia possibili 46 tipologie di rapporti di lavoro diversi. E su 100 assunzioni soltanto 18 sono a tempo indeterminato
Se si apre il cancello del cantiere-lavoro si vede che di cose da fare ce ne sono davvero tante. Non c’è solo il totem dell’articolo 18 con cui misurarsi, ci sono ben 46 differenti tipi di contratto che vengono applicati oggi in Italia. Un vera e propria jungla che il governo adesso vuole un poco disboscare. Si tratta di mettere ordine, per rendere le assunzioni più agevoli, sostiene il ministro del Lavoro Elsa Fornero. Che punta innanzitutto a superare l’interpretabilità di molte delle forme contrattuali facendo al tempo stesso attenzione a non dare alle imprese ulteriori poteri.
La giungla delle regole
Secondo uno studio del Dipartimento mercato del lavoro della Cgil oggi in Italia «su 100 assunzioni soltanto 18 sono a tempo indeterminato». Tutto il resto è precario o a termine. E questo grazie alle 46 modalità di assunzione previste dall’ordinamento italiano: 26 diversi tipi di lavoro subordinato (26), 4 parasubordinati, 5 rapporti di tipo autonomo e ben 11 differenti contratti «speciali». Solo le forme di part-time sono sei. C’è il part time verticale (si lavora 2, 3, 4 giorni su 7) e quello orizzontale (4 ore al giorno per 5 giorni, 3 ore per 6 giorni, ecc.) sia nei contratti a tempo indeterminato che determinato, ambito quest’ultimo in cui c’è anche il part-time «misto».
Un elenco infinito
La lista dei rapporti subordinati prevede il regime per i lavoratori stagionali, i rapporti speciali in agricoltura (101 e 151 giornate di lavoro), il contratto di inserimento e quello di re-inserimento lavorativo, la formazione lavoro. E ancora tre differenti tipi di contratto di apprendistato, il lavoro a domicilio, il telelavoro, e poi la somministrazione a termine e quella a tempo indeterminato (staff leasing), i contratti di lavoro a chiamata a tempo indeterminato e a termine senza obbligo di risposta, quelli (indeterminato e a termine) che invece l’obbligo di risposta lo prevedono e poi il contratto a chiamata per particolari periodi dell’anno (week end, Natale, Pasqua, estate). Nell’ambito del lavoro autonomo ci sono 4 rapporti di tipo parasubordinato: lavoro a progetto, collaborazione coordinata e continuativa, coordinata e continuativa fino a 30 giorni ed il telelavoro in forma parasubordinata. E ancora: prestazioni occasionali di lavoro autonomo senza partita Iva (ritenuta d’acconto), e con partita Iva (professionisti, artigiani e commercianti), agenti di commercio, coadiuvanti famigliari e telelavoro in forma autonoma. Infine i rapporti speciali: associazione in partecipazione, venditori a domicilio, rappresentanti, lavoro domestico, lavoro accessorio (voucher), lavoro accessorio per percettori di ammortizzatori sociali (fino a 3000 euro), stage e tirocini, stage curricolari, tirocini di reinserimento per disoccupati e tirocini per categorie particolarmente svantaggiate ed infine le forme di lavoro che non determinano rapporto (famigliari).
Quanti sono
Secondo l’ultimo rapporto Istat su 22,8 milioni di occupati, in 2 milioni e 159 mila hanno un contratto a tempo indeterminato part time, un milione e 627 mila ha un contratto a termine a tempo pieno e 555 mila un contratto a termine a tempo parziale.
Sindacati e imprese
Per questo la Cgil da tempo chiede di passare da 46 tipologie a 5 puntando ad eliminare quelle forme che generano le situazioni di precarietà di fatto strutturale come il lavoro a chiamata, «in tutte le sue declinazioni», e lo staff leasing, ovvero la somministrazione a tempo indeterminato. Secondo la Cisl alcuni contratti vanno bene così come se, a cominciare dall’apprendistato. Confindustria, ma anche Rete imprese, continuano a difendere l’attuale sistema. Non solo chiedono flessibilità in entrata, ovvero una molteplicità di soluzioni di assunzione, ma puntano ad avere più flessibilità anche in uscita. Ovvero possibilità di licenziare. Con una precisazione: se si parla di indennizzi il costo, che si teme elevato, deve essere anche a carico dello Stato.
Il governo
Il confronto con le parti sociali sta muovendo i primi passi e solamente la prossima settimana entrerà nel vivo. Lo sbocco finale, anche se per ora nessuna soluzione è preclusa, potrebbe essere l’adozione di un «contratto prevalente», della durata di tre anni (durante i quali i licenziamenti sarebbe possibili senza tante complicazioni) chesostituirebbemolte delle attuali forme contrattuali.Mentredovrebberoresistere l’apprendistatoed il contrattostagionale.
Contratto unico
Il «contratto prevalente» sarebbe una forma attenuata del «contratto unico» proposto dal senatore pd Pietro Ichino (che prevede per i nuovi assunti la possibilità di licenziare per ragioni economiche mandando in soffitta il diritto al reintegro), ma ne ricalcherebbe la sostanza. La Cgil, la più critica fino ad oggi su questi temi, boccia sia il primo che il secondo. La proposta Ichino sarebbe solamente «una pubblicità ingannevole», perché «non cancella la precarietà di oggi e ne aggiunge della nuova domani». Mentre il contratto prevalente alla fine altro non sarebbe che la 47esima tipologia e non risolverebbe nulla. Per Bonanni (Cisl) sono tutte formule senza senso. Angeletti(Uil) sostiene invece che la priorità è un’altra: riscrivere, per renderle più chiare, le regole sui licenziamenti.
Articolo 18
Scava scava la questione dei licenziamenti è sempre lì. Per la Cgil è un tema su cui non è possibile discutere. Mai. Identica la posizione ufficiale del Pd, anche se tutte le volte che il tema torna alla ribalta i democratici entrano in fibrillazione. Il Pdl, con Sacconi, invece crede che occorra intervenire. Per Ichino, «esistono altre tecniche di protezione che offrono migliori garanzie» dell’art.18. E che, soprattutto, non dividono in due il mondo del lavoro, tra tutelati e non protetti con l’articolo 18.
Lastampa.it – 6 gennaio 2012