Malgrado la data, non è un pesce d’aprile. Anche se potrebbe sembrarlo, visto che il governo italiano non ha ancora approvato il decreto ministeriale che recepisce la disciplina comunitaria, varata nel 2003 e confermata nel 2008.
Ma tant’è: dopo 31 anni di vigenza, frutto di innumerevoli proroghe di quinquennio in quinquennio e contrassegnati da estenuanti polemiche su sforamenti e multe, da oggi è ufficialmente cancellato il regime europeo delle quote latte, croce e delizia per 3.662 aziende venete (che un decennio fa erano però 7.209). Il dimezzamento dei produttori di latte del Veneto, registrato fra la riforma del settore e l’avvio della liberalizzazione, è lo sfondo su cui sta per entrare in scena il crollo dei prezzi, secondo l’associazione di categoria Aprolav.
«La cancellazione delle restrizioni alla produzione – prevede il presidente regionale Terenzio Borga – sarà destinata ad esporci a una nuova realtà concorrenziale e ad aumentare la volatilità dei prezzi, già scesi del 14%, tanto che attualmente il nostro latte ci viene pagato 35-36 centesimi al litro, contro il latte estero che arriva ai caseifici a 31 centesimi. A livello italiano ed europeo si è registrata nel 2014 una significativa corsa produttiva, con aumenti rispettivamente del 3% e del 4,5%, che ha portato nell’ultimo anno le nostre aziende ad una disperata ricerca di quote latte in affitto e che potrebbe avere esiti incontrollabili a partire da questo mese».
Ma non per colpa dell’abolizione delle quote, stando ai Cobas del latte. «Per quanto ci riguarda – confida Mauro Giaretta, portavoce veneto dei Cospa – viviamo questa giornata come una festa di liberazione dopo un trentennio in prigione, che lascia a tutti noi un’eredità molto pesante. In questi anni siamo stati dipinti come delinquenti, quando invece eravamo solo degli allevatori che cercavano di fare il proprio lavoro e che si sono trovati calati dall’alto limiti troppo bassi. È vero, abbiamo sforato praticamente tutti, ma mica potevano mettere i rubinetti alle mammelle delle vacche. Il risultato è che noi ci siamo indebitati e la politica ci ha abbandonati».
Come nascevano le multe? Tecnicamente erano un «prelievo supplementare», vale a dire un onere finanziario imposto a partire dal 1984 agli allevatori europei per ogni chilo di latte prodotto oltre una determinata soglia, fissata per l’Italia poco oltre la metà dei consumi interni dell’epoca.
Un tetto pressoché sempre bucato nelle campagne intercorse fino al 2008, tanto che Bruxelles contestò più volte i dati produttivi comunicati da Roma e avviò un contenzioso per richiedere il pagamento di circa 6 mila miliardi di vecchie lire.
Finché nel 2009 l’allora ministro Luca Zaia riuscì ad ottenere dall’Europa un aumento del 5%, pari a 548 mila tonnellate, cosicché fino al 2014 non sono più stati rilevati splafonamenti.
Una boccata d’ossigeno anche per le stalle venete, dove attualmente vengono munti quasi 12 milioni di quintali, al punto da piazzare tuttora la nostra regione sul podio italiano della produzione, appena dietro Lombardia ed Emilia Romagna. Ora però comincia una nuova èra. Dal quartier generale di Avepa, l’agenzia per i pagamenti in agricoltura a cui nel 2003 la Regione ha delegato i controlli sul rispetto delle leggi in materia di quote latte, avvertono che adesso comincia una fase di liberalizzazione che tuttavia non sarà totale.
Caseifici e latterie dovranno infatti continuare a comunicare le quantità acquistate, affinché gli uffici europei possano monitorare mensilmente l’andamento del mercato, in modo da intervenire in caso di sovraproduzione e crollo dei prezzi. «Il problema – fa presente il direttore Fabrizio Stella – è che del decreto ministeriale, necessario a regolare la nuova gestione, esiste solo una bozza arrivata la settimana scorsa nella sede della conferenza Stato-Regioni e mai approdata in consiglio dei ministri.
Per questo non siamo in grado di dare informazioni e risposte certe alle centinaia e centinaia di produttori ed acquirenti che in questi giorni stanno subissando i nostri centralini di telefonate per sapere come devono comportarsi. Un inconveniente che si aggiunge a quello delle multe, col rischio che vada perso un vero e proprio patrimonio, quando invece dovremmo preservarlo. Se le grandi multinazionali sono più competitive sui costi di produzione, noi possiamo fare leva sulle produzioni Dop che ci distinguono nel mondo».
Essenzialmente formaggi ai quali è destinato il 70% del latte veneto, a fronte di una media italiana del 50% e francese del 20%.Intanto con oggi scade anche la stessa convenzione fra Avepa e Regione. La svolta è epocale, appunto. E non è un pesce d’aprile, anche se potrebbe sembrarlo.
L’ULTIMA ONDATA DI MULTE E LE BARRICATE «PRONTE 400 CAUSE». E LA POLITICA SI DIVIDE
Poco più di 400 cartelle esattoriali e poco meno di 400 cause civili. «La differenza fra un numero e l’altro è data da pochi colleghi, che in diciotto anni di proteste e lungaggini hanno fatto in tempo a morire, prima di vedere riconosciute le loro ragioni»: è un sorriso amaro quello degli attivisti dei Cospa (Comitati spontanei allevatori) di Vicenza, la provincia che registra il più alto numero di ricorsi in Veneto (150, seguita da Padova con 100) contro l’ondata di notifiche arrivate in queste settimane da Agea. L’agenzia per le erogazioni in agricoltura ha chiesto appunto a 401 aziende il pagamento di multe per 180 milioni di euro, a cui potrebbero seguire più che altrettante intimazioni, man mano che verrà sbrogliata l’intricata matassa giuridico-burocratica in cui è avviluppata la faccenda.La maxi-azione è patrocinata dall’avvocato Maddalena Aldegheri di Verona, che lunedì ha concluso la raccolta delle firme degli attori, determinati a sollevare in giudizio 13 motivi formali di errore, asseritamente contenuti nei procedimenti di riscossione coattiva, relativi al periodo compreso fra il 1995 e il 2009, con importi che variano dai 25 mila ai 6 milioni di euro. «Potremmo chiamarle “cartelle pazze” – dice Paolo Casagrande, presidente regionale dell’Associazione nazionale produttori agricoli – come nel caso di un nostro associato di Torre di Mosto, a cui sono stati addebitati interessi per sanzioni non pagate pari al 100%, un tasso che oserei definire da usura. Per non parlare di quella decina di imprenditori agricoli, sparsi fra il Trevigiano e il Veneziano, che non hanno più pagato le rate in quanto Agea si era trattenuta i loro premi della Comunità Europea sui seminativi, proprio a scomputo di quei debiti. Ma adesso la stessa agenzia contesta ugualmente i mancati versamenti. In tutto questo vengono pure insabbiate le inchieste».
Come già ai gloriosi tempi delle mucche Ercolina ed Onestina, torna così a montare la rabbia degli allevatori, esacerbata anche da indiscrezioni su una nuova richiesta di archiviazione presentata dalla procura di Roma, in merito al fascicolo aperto sulla base della relazione del comando carabinieri politiche agricole e alimentari, che nel 2010 aveva messo in discussione la correttezza dei dati riguardanti lo splafonamento dell’Italia. E ad accendersi è anche lo scontro politico fra i candidati alla presidenza della Regione. Davanti alle telecamere che la seguivano in una tappa del suo tour in malga, la pd Alessandra Moretti è sbottata: «Credo che sulle quote latte ci sia stata proprio una presa in giro dei produttori e degli allevatori onesti. Salvini e Zaia dovrebbero andare in piazza con una bella maglietta con su scritto: “Veneti scusate”». Ma il leghista Luca Zaia rilancia: «Ci vuole coraggio a indicare il sottoscritto come responsabile, visto che l’8 aprile 2009 ho fatto la legge poi approvata dall’Europa che prevede la rateizzazione a titolo oneroso e il pagamento delle multe e ho istituito la commissione di indagine dei carabinieri che ha accertato numeri sbagliati».
Angela Pederiva – Corriere del Veneto – 1 aprile 2015