Parenti e amici continuano a essere il canale principale per trovare lavoro in Italia: un occupato su tre (vale a dire il 33,1%) deve il proprio impiego grazie all’intervento di un familiare o un conoscente. Al secondo posto, c’è l’autocandidatura (l’invio anche on line del curriculum vitae), che ha determinato direttamente un’assunzione al 20,4% dei candidati.
E i servizi pubblici per il lavoro? Restano su performance decisamente modeste: i centri per l’impiego (Cpi) hanno assicurato un contratto ad appena il 3,4% degli occupati (nonostante il 33% abbia dichiarato di essersi rivolto ai loro sportelli nella fase di ricerca). Percentuali bassissime di placement anche per scuole e università: solo il 3,7% di chi lavora lo deve a un loro intervento diretto. Fa un pò meglio il segmento privato: le agenzie di somministrazione sono state utilizzate da poco più del 30% degli attuali lavoratori con una percentuale di collocamento pari al 5,6 per cento.
Il nuovo rapporto Isfol-Plus 2014 sui canali di intermediazione (cioè le modalità con cui le persone cercano un’occupazione) conferma il peso ancora preponderante nel nostro Paese del canale delle “conoscenze”: il 60% degli occupati ha infatti chiesto “una mano” a queste reti informali nella fase di ricerca di un impiego; a testimonianza, spiega il numero uno dell’Isfol, e consigliere economico di palazzo Chigi, Stefano Sacchi, «di come le chance occupazionali e di carriera restino fortemente condizionate dalla famiglia d’origine, dalla storia personale e dal territorio di residenza (con una tendenza che si è accentuata durante la crisi). Ciò ha un effetto: penalizza il merito e riduce le opportunità di ascesa delle fasce più deboli», che solo in misura marginale ottengono un aiuto dai centri per l’impiego.
Ed è soprattutto la forte debolezza del servizio pubblico a incidere sulle performance degli altri canali. A partire dall’autocandidatura presso un’impresa, che viene largamente utilizzata: per il 58% degli occupati è stata di ausilio nella fase di ricerca e per il 20% ha permesso in via diretta un’assunzione.
I contatti nell’ambito lavorativo e la lettura di offerte su stampa sono stati un canale di intermediazione indiretta rispettivamente per il 44% e il 36% dei lavoratori e un canale di intermediazione diretta, che ha portato cioè alla firma di un vero e proprio contratto, per il 10% e il 2,6%. Il 9% degli occupati afferma poi di aver trovato lavoro avviando un’attività autonoma.
Discorso a parte meritano i concorsi pubblici, il cui ruolo negli ultimi anni si è ridimensionato sia per la contrazione del perimetro della Pa che per il blocco delle assunzioni. Risultato? Le selezioni statali hanno garantito un posto ad appena il 10% degli occupati.
Claudio Tucci – Il Sole 24 Ore – 31 maggio 2016