In Italia molti decessi sarebbero evitabili, ma non tutte le regioni hanno stili di vita tali da contrastare al meglio il verificarsi di eventi mortali, anche se nel complesso la fotografia del nostro Paese mostra un’immagine migliore rispetto al passato. Lo evidenzia il terzo Rapporto Mev(i) elaborato da Nebo Ricerche PA, su dati Istat relativi al 2013, e resi noti a fine 2015. L’analisi del fenomeno viene divisa su scala regionale e provinciale e tra maschi e femmine. Il dato più interessante è che il numero dei giorni di vita pro capite perduti per mortalità evitabile ha una chiara connotazione geografica.
Nelle classifiche provinciali, elaborate da Nebo tenendo conto anche dell’età alla morte, le migliori 10 posizioni risultano tutte distribuite nel centro-nord Italia: in particolare il podio maschile vede al primo posto Ascoli Piceno con 13,68 giorno, seguita da Firenze con 14,93 e Treviso con 15,11. In fondo alla classifica maschile invece troviamo Enna con 27,04 giorni, il Medio Campidano sardo a 25,72 e Olbia-Tempio Pausania con 25,09 . In campo femminile le tre province migliori sono Prato con 8,32 giorni, Pescara con 8,45 e Treviso con 8,55. Male invece Olbia-Tempio Pausania con 15,71, Napoli con 14,88 e Caltanissetta con 14,32.
In campo regionale l’andamento rispecchia quello delle province, con una marcata accentuazione dei dati positivi al centro-nord e negativi man mano si scende verso sud. Le tre regioni migliori in campo maschile sono Toscana (17,23 giorni perduti pro capite), Marche (17,52) e Veneto (17,60), male invece Campania (24,05), Sardegna (23,31) e Calabria (21,60). Andamento analogo nel settore femminile: bene Veneto (9,69), Toscana (9,70) e Valle d’Aosta (9,74), ultime in classifica Campania (13,56), Friuli Venezia Giulia (12,62) e Sicilia (12,46).
I decessi evitabili identificano i casi di morte prima del compimento dei 75 anni contrastabili con efficaci interventi di prevenzione che nel 2013 equivalgono a un totale di 105.000 casi (dei quali 2 su 3 riferiti ai maschi). Di questi, quasi 52.000 provocati o comunque riconducibili a stili di vita inappropriati (tabagismo, alcolismo, abitudini alimentari non corrette) mentre 17.000, in gran parte tumori femminili, sono dovuti a malattie precocemente diagnosticabili e trattabili. I restanti 36.000 casi, infine, sono legati a problemi connessi alla gestione di pazienti cronici, al ricorso ai servizi sanitari e ad altre attività assistenziali.
Quanto alle specifiche cause di morte evitabili, il Rapporto Mev(i) 2016 ne evidenzia quattro: da una parte tumori di mammella e utero e tumori di trachea, bronchi e polmoni (questi due gruppi in numero molto elevato), dall’altra incidenti stradali e suicidi (che hanno un’incidenza elevata anche sui giovani e soprattutto al centro-nord del Paese). Le mappe epidemiologiche, disegnate sull’incidenza provinciale nel triennio 2011-2013, mostrano per questi gruppi un andamento territoriale opposto a quello del quadro generale, con tassi di mortalità spesso sensibilmente maggiori nel centro-nord.
«Il Progetto Mev(i) Mortalità evitabile (con intelligenza) – spiega Natalia Buzzi, direttore scientifico di Nebo Ricerche PA – rappresenta uno strumento tecnico-scientifico per operatori, esperti e decisori ma anche un supporto per la sensibilizzazione dei cittadini sui temi della tutela della salute e focalizza l’attenzione su strategie sanitarie che possono essere affrontate a tutti i livelli, politico, sociale e anche individuale, in un’ottica di problem solving, e dunque con un approccio intelligente».
Suwww.mortalitaevitabile.it sono disponibili il Rapporto completo e la Banca dati indicatori, aggiornati ai dati 2013 dei decessi per causa (resi disponibili dall’Istat a fine dicembre 2015).
Il Sole 24 Ore – 12 febbraio 2016