Diminuisce nel 2011 la spesa complessiva sostenuta dalla pubblica amministrazione per pagare le retribuzioni: circa 170 miliardi, pari a poco meno dell’11% del Pil. Un calo (non accadeva dal 1979) dell’1,6 per cento dopo molti anni di crescita ininterrotta. Un ulteriore significativo calo del 2,3% è previsto anche nel 2012. E lo stesso trend ci sarà anche nel 2013. E’ quanto emerge dal Rapporto semestrale sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti presentato stamane dal Presidente dell’Aran, Sergio Gasparrini. La riduzione della spesa complessiva si deve non solo al blocco delle retribuzioni, ma anche alla diminuzione del numero di occupati nella PA, passati da circa 3,6 milioni nel 2007 a meno di 3,4 milioni nel 2012 (la diminuzione in cinque anni è stata di poco più del 6%).
Sono meno, guadagnano meno e ancor meno guadagneranno. Almeno per il futuro prossimo venturo. È lo status attuale dei dipendenti pubblici, ridotti per numero e per disponibilità. Gli andamenti registrati, sia sul fronte delle retribuzioni che del calo del personale, sono principalmente il frutto – ha osservato l’Aran – delle misure di contenimento varate negli ultimi anni e, in particolare dei vincoli sul turn-over e dei provvedimenti di riduzione organici, che stabiliscono che si possa assumere nel limite del 20% del personale uscito e della spesa per questo personale, adottati a più riprese nelle manovre di correzione dei conti pubblici degli ultimi anni e riproposti anche nel più recente provvedimento di “spending review”; del blocco dei contratti nazionali previsto; delle altre misure sulla spesa di personale come il congelamento delle risorse per pagare le voci di salario accessorio o il blocco degli scatti di anzianità per alcune categorie di personale.
«Il nostro compito – ha detto il presidente dell’Aran, Sergio Gasparrini – è stato svolto. Il dimagrimento c’è stato e un ulteriore parte ci sarà nel 2013. Ora dobbiamo guardare alla qualità della spesa». La spesa nel complesso nel 2011 era pari a 170 miliardi, l’11% del Pil e un ulteriore calo del 2,3% è stimato per il 2012. Le retribuzioni di fatto nel 2011 sono diminuite dello 0,8% per l’insieme del pubblico impiego e le prime anticipazioni sui dati 2012 confermano questo andamento.
Numeri che riflettono un calo anche tra gli occupati nella Pa italiana: il nostro paese è infatti sotto la media Ocse riguardo alla percentuale della forza lavoro. I dati, rilevati in un arco temporale che varia dal 2008 al 2009, attestano l’Italia – per il totale di dipendenti pubblici – al di sotto di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, ma al di sopra di Spagna, Portogallo e Germania.
Secondo lo studio dell’Aran poi emerge come i dipendenti pubblici “affollino” principalmente le amministrazioni del Nord Italia, lasciando un vuoto nelle regioni meridionali. La Lombardia è il territorio che registra il maggior numero di uffici in sovraorganico rispetto alle proprie esigenze, per una stima intorno al 25 per cento. Segue il Lazio, con il 18% circa, poi il Trentino e la Sardegna, rispettivamente con il 19 e il 12% di impiegati in più. In sottorganico invece le principali regioni del Sud, come la Campania (-21%), la Calabria (-3%) e la Basilicata (-17%).
«Dati che confermano una perdita di salario nominale che in termini reali è ben più gravosa. Le lavoratrici e i lavoratori dei settori pubblici non hanno perso solo l’1,6% del valore dei loro stipendi. Rispetto ai tassi di inflazione dell’intero triennio 2010/2012 il loro potere d’acquisto ha visto una erosione pari al 7,2%». Questo il contenuto di una dichiarazione congiunta di Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Benedetto Attili, rispettivamente Segretari Generali di Fp-Cgil, Fp-Cisl, Uil-Fpl e Uil-Pa in merito ai dati illustrati stamattina dall’Aran nel suo rapporto semestrale sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici.
Le tre sigle sindacali chiedono di «far ripartire subito la contrattazione nazionale e integrativa in ogni ente, per sostenere le buste paga di lavoratori ingiustamente colpiti dal blocco dei contratti nazionali e riorganizzare le amministrazioni pubbliche».
«I dati parlano di 265.000 posti di lavoro in meno negli ospedali, nelle scuole materne e in generale nel sistema dei servizi ai cittadini, di tanti lavoratori precari a cui bisogna dare prospettiva, di competenze che mancano e di professionalità che non sono valorizzate al meglio. Il punto è che occorre bloccare la spirale perversa secondo cui calano i salari dei dipendenti pubblici e cresce la spesa pubblica per beni e servizi».
Proseguono i sindacalisti: «Certamente, non è l’Aran l’artefice di questa situazione, ma i Governi che si sono alternati alla guida del Paese in questi ultimi anni. E’ urgente, a questo punto, l’apertura di una stagione in cui si ricominci a parlare di lavoro pubblico in termini di investimento. Riorganizzazione vera dei servizi, razionalizzazione delle risorse, investimenti su salari e nuova occupazione devono tornare a essere i punti fondamentali del dibattito politico sul lavoro pubblico».
Rapporto semestrale
Slides di presentazione
Comunicato Aran
testo raccolto da C.Fo – Ufficio stampa Sivemp Veneto – 9 aprile 2013 – riproduzione riservata