Nuovo colpo di acceleratore sulla riforma Ue dell’agricoltura biologica. Con l’Italia pronta a dare battaglia su tre punti chiave – stretta all’import da paesi terzi, certificazione e soglie di residui – e il ministro Maurizio Martina, che dice di voler «supportare il settore, investendo con le regioni 1,5 miliardi di fondi Psr».
A riaccendere i riflettori sull’iter di una riforma che si trascina a rilento (una prima intesa di massima sulla proposta della Commissione Ue è stata raggiunta a giugno) è ora la nuova presidenza olandese, intenzionata a incassare entro giugno un accordo sul testo con le nuove regole nei negoziati tra Consiglio, Europarlamento ed Esecutivo. Nel corso di un’audizione al Parlamento, a Bruxelles, il ministro dell’Agricoltura olandese, Martijn van Dam, si è detto ottimista: «Cercheremo di raggiungere un accordo politico entro la fine del semestre».
Ma la trattativa sarà dura, soprattutto per le divisioni ancora esistenti tra alcuni paesi, come l’Italia, che chiedono regole più stringenti, e altri, tra questi proprio l’Olanda, più «permissivi». «Siamo davanti a un passaggio cruciale – dichiara il ministro Martina -. Serve una riforma chiara e condivisa, che tuteli i consumatori e i produttori europei. Noi continueremo a dare il nostro contributo concreto ed è positivo che la presidenza olandese abbia messo il tema del biologico tra le priorità del suo semestre». Del resto, aggiunge Martina, «vogliamo lavorare per salvaguardare al meglio un settore in continua crescita». Con l’Italia ai vertici europei con 1,4 milioni di ettari di superfici coltivate, oltre 55mila operatori e un fatturato al consumo che supera i tre miliardi. Solo nella Grande distribuzione organizzata, come è emerso a un convegno organizzato da Assobio alla rassegna Marca di Bologna, a tutto novembre le vendite su base annua di prodotti bio (dati Nielsen) sono aumentate del 20%, a quasi 864 milioni.
Ma a questo punto, ha osservato il ministro, andrà «trovata una sintesi tra le posizioni senza passi indietro sul fronte dei controlli, dei livelli di residui e sui prodotti importati da paesi terzi».
L’Europarlamento, ad esempio, punta su controlli annuali mirati lungo l’intera filiera per evitare frodi, ma boccia valori limite per la presenza di residui di fitofarmaci nei prodotti bio. E questo per l’Italia, che una soglia limite ce l’ha, è un punto imprescindibile. «Per noi – aggiunge il presidente di Federbio, Paolo Carnemolla – la questione più importante resta però quella dei sistemi di certificazione, che la Commissione e alcuni paesi vorrebbero portare nella sfera di competenza della sanità, omologandoli a quelli per i mangimi: un passaggio che ci vede nettamente contrari, perché significherebbe mettersi nelle mani delle Asl che con i processi agricoli non c’entrano nulla».
Massimo Agostini – Il Sole 24 Ore – 16 gennaio 2016