Renzi apre al M5S sulle preferenze. «Ma prima viene la governabilità». Forza Italia in allarme: «Il patto è sull’Italicum»
Immunità. Boschi: «Ho dubbi sull’ipotesi di affidare la scelta alla Corte costituzionale» Grillo, assente all’incontro, «soddisfatto» del dialogo. «La presenza del presidente del Consiglio all’incontro con il M5S ha dimostrato concretamente che prendiamo molto sul serio le proposte di tutte le forze politiche».
È la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani, al termine dell’incontro con la delegazione del M5S al quale ha partecipato assieme al capogruppo alla Camera Roberto Speranza e all’eurodeputata Alessandra Moretti, a spiegare il motivo della presenza di Matteo Renzi alla discussione sulla legge elettorale in diretta streaming. Il premier e leader del Pd ha preso in contropiede Beppe Grillo, che poco prima dell’incontro postava sul suo blog le “formazioni” delle due squadre senza Renzi. Ottenendo da un lato il risultato di conferire importanza all’incontro, rubando la scena al leader del M5S, e dall’altro il risultato di riagganciare una titubante Fi al carro dell’Italicum e del doppio turno nazionale di ballottaggio.
Già, perché discutendo per la prima volta nel merito e civilmente con i grillini (a guidare la delegazione Luigi Di Maio, con i capigruppo e con l’estensore della proposta di legge elettorale chiamata “Democratellum” Danilo Toninelli), il messaggio inviato a Silvio Berlusconi è stato più o meno questo: se l’Italicum non vi sta più bene la legge elettorale la facciamo con il M5S. Messaggio ricevuto, tanto che solo un paio d’ore dopo il capogruppo di Fi al Senato Paolo Romani dettava una nota chiarissima: «L’accordo resta sull’Italicum, e siamo pronti ad approvarlo al Senato nei tempi previsti». E Renzi apprezza, naturalmente: «L’Italicum resta la via maestra, perché l’asse per le riforme passa ancora dal patto del Nazareno», è il messaggio fatto recapitare dai suoi collaboratori. Dell’incontro con i grillini resta comunque l’apprezzamento per il «cambio di clima e di atteggiamento». I pentastellati hanno di fatto accettato una parlamentarizzazione del confronto fin qui sempre rifiutata. E al M5S in questo momento conviene sedere al tavolo, esattamente quanto a Fi, pena l’isolamento. Non a caso lo stesso Grillo giudica positivamente l’evento: «Si è detto molto soddisfatto di come è andato l’incontro», ha riferito Toninelli. L’effetto mediatico-politico è in effetti raggiunto: “scongelarsi” agli occhi degli elettori e dimostrare di essere una forza politica propositiva e non solo di rottura.
Renzi ha subito posto il problema di fondo: la proposta del M5S – un proporzionale solo parzialmente corretto da circoscrizioni medio-piccole sul modello spagnolo – non va bene perché non garantisce governabilità. Quindi ci vuole un premio di maggioranza. Che poi tale premio sia al primo o al secondo turno si può discutere, come si può anche discutere del tema delle preferenze («il Pd non ha paura delle preferenze»). Non è mancata certo qualche stoccata da parte del premier: a Di Maio, che alle primarie in rete ha preso 182 voti, Renzi fa sapere che nel Pd non sarebbero sufficienti neanche per sedere in un consiglio comunale. E Di Maio, da parte sua, ha calcato più volte la mano sugli arresti in casa Pd. Il premier ha avuto inoltre l’abilità di sfidare il M5S sulla riforma del Senato e del Titolo V in dirittura di arrivo in prima commissione a Palazzo Madama: «Siete disponibili a ragionarci?». «Se spostate il termine per la presentazione degli emendamenti…», è stata la risposta. Tuttavia sulle riforme i giochi sembrano ormai fatti, anche se il nodo immunità resta da sciogliere (ieri la ministra Maria Elena Boschi ha confermato le perplessità sulla soluzione che demanda alla Consulta la decisione). La novità riguarda la legge elettorale: se Renzi sembra abbia aperto sulle preferenze, Di Maio non ha chiuso la porta al premio di maggioranza. L’accordo è di approfondire la questione e rivedersi tra 3-4 giorni per fare il punto.
Quanto alle preferenze, è nota l’allergia dell’ex Cavaliere. Ma al Nazareno sperano che proprio il dialogo con i grillini possa vincere le resistenze di Fi in tal senso. Di certo, grillini o non grillini, all’Italicum uscito dalla Camera sarà apportata qualche modifica, assicurano i collaboratori del premier: l’innalzamento della soglia per far scattare il ballottaggio dal 37 al 40%, una semplificazione (al 4 o 5%) di tutte le soglie di ingresso, l’alternanza di genere in lista.
Il Sole 24 Ore – 26 giugno 2014