Bene Jobs Act e riforme istituzionali, a rilento la riforma della pubblica amministrazione. Dopo una giornata passata a Palazzo Chigi tra la preparazione dell’atteso Consiglio dei ministro di oggi e l’incontro con il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria, Matteo Renzi sceglie la diretta di Virus, su Rai 2, per cominciare a “festeggiare” il suo primo anno da premier.
Un bilancio con luci e qualche ombra, ammette lui stesso. Le proposte di riforma messe in campo hanno avuto percorsi diversi. In alcuni casi sorprendenti, ammette Renzi: «Sono andato in Senato a dire che per loro sarebbe stato l’ultimo giro e la riforma costituzionale non solo è stata approvata dai senatori ma sta viaggiando a un buon ritmo». Non si può dire lo stesso della riforma della Pubblica amministrazione, arrivata in Parlamento sotto forma di un decreto e di un Ddl delega come il Jobs Act. Ma mentre il Jobs Act diventerà oggi legge con il via libera definitivo del Consiglio dei ministri ai decreti delegati sul contratto a tutele crescenti e sui nuovi ammortizzatori sociali (gli altri arriveranno entro giugno), il Ddl delega sulla Pa è fermo alla prima lettura in commissione Affari costituzionali del Senato. «Ecco, su questo avrei voluto correre di più. Su questo si vede che ci sono molte resistenze», dice. Anche se ammette che il ritardo è dovuto anche all’affollarsi di riforme nella stessa camera. E ad agosto, va ricordato, si è voluto dare precedenza alle riforme costituzionali e all’Italicum lasciando indietro la riforma Madia.
Comunque il Cdm di oggi, alla fine, risulterà meno corposo rispetto alle intenzioni della vigilia. Slittano infatti i decreti fiscali, ufficialmente per l’assenza del ministro Pier Carlo Padoan impegnato nell’Eurogruppo straordinario sulla Grecia, ma anche perché – si ammette tra i collaboratori del premier – «si tratta di materie molto complicate che hanno bisogno di un sovrappiù di indagine». E sul riordino dei contratti ci dovrebbe essere solo un primo giro di tavolo. Ma oltre al fatto che da oggi il Jobs Act sarà in Gazzetta ufficiale, il premier punta molto sull’effetto anche simbolico del Ddl concorrenza. Una battaglia contro rendite di posizione e di potere (come quelle dei notai) contro cui vari governi hanno provato senza successo a intervenire. Ieri pomeriggio, incontrando a Palazzo Chigi il segretario dell’Ocse Gurria, il premier lo avrebbe rassicurato sull’intenzione di aprire il mercato con misure sulla concorrenza i cui effetti sul Pil proprio l’Ocse, nel suo rapporto, stima superiori a quelli del Jobs Act. In particolare, avrebbe citato un intervento «brusco» sulle assicurazioni con effetti sull’Rc auto favorevoli per gli utenti. «Se non l’hanno ancora capito, non mi faccio fermare, è l’unico modo per cambiare», è il refrain che ripete il premier. Quel che è certo è che sul Ddl Concorrenza si tratterà fino all’ultimo, e non è un caso che nella mattinata di ieri era stato dato per certo un rinvio.
Il Sole 24 Ore 20 febbraio 2015