«Se c’è il puntiglio, ognuno si assumerà le sue responsabilità» è il pensiero che Pier Luigi Bersani, buttando giù un caffé alla buvette, indirizza al premier nella vana speranza che tolga il freno dall’acceleratore: «Io quel che dovevo dire l’ho detto e non cambio idea».
C’è aria di battaglia finale, a Montecitorio. Lunedì Renzi chiederà alla Direzione del Pd di blindare la legge elettorale, la relazione del leader sarà messa ai voti e (visti i rapporti di forza a suo favore) la strada verso l’approvazione dell’Italicum sarà spianata.
Il premier ha fretta e si mostra intenzionato a portare a casa la «sua» legge ad ogni prezzo, anche con un voto di fiducia. Alle nove di sera, nella capigruppo della Camera, il governo la spunta e ottiene la calendarizzazione per il 27 aprile: la data proposta dal capogruppo del Pd, Roberto Speranza. Scatta la rivolta delle opposizioni. Sel contesta lo «strappo inaccettabile» e Forza Italia, per voce di Brunetta, evoca il «colpo di Stato». La presidente Boldrini valuterà i «margini» per rispondere alle «preoccupazioni e obiezioni» dei gruppi e il ministro Boschi, derubricando lo scontro a «normale dialettica», vede nel calendario di Montecitorio «ampio spazio per le iniziative parlamentari».
La legge elettorale andrà dunque in Aula in piena campagna elettorale. E se il testo resta com’è Bersani non lo voterà, neppure dopo il via libera della Direzione: «Io non mi muovo, la democrazia non è mica un giochino…». Per Bersani alcune modifiche sono necessarie e la sua proposta è «mettere su un gruppo Camera e Senato» che lavori a una mediazione, visto che «il Patto del Nazareno non c’è più». Gli ricordano che Renzi ha fretta di blindare la legge e l’ex segretario avverte: «La democrazia non sono mica noccioline». Non temete la conta? «La conta è già avvenuta, diciamo che ci si misura…» .
La misura dello scontro si vedrà lunedì, quando il segretario metterà ai voti la sua relazione e la minoranza si spaccherà. La tensione è forte, l’ala sinistra è lacerata. «Sarà l’ennesima discussione finta — prevede Stefano Fassina, che voterà contro — Una scontatissima prova di forza». Speranza è salito da Renzi a Palazzo Chigi per cercare un compromesso sulla quota di nominati, ma il leitmotiv di Renzi è sempre lo stesso: «Non esiste mediazione possibile». Oggi il consiglio dei ministri affronterà la riforma della Rai e la minoranza sfida il premier anche sul futuro di Viale Mazzini, presentando una controproposta al Senato.
La legge elettorale resta il cuore dello scontro. Renzi pensa alla fiducia e Giuseppe Lauricella avverte che una tale scelta sarebbe gravida di conseguenze: «Violare il regolamento della Camera vorrebbe dire inficiare il procedimento legislativo». Ma dal Nazareno Lorenzo Guerini conferma che Renzi tirerà dritto. Quando il vicesegretario incrocia alla Camera il presidente del Pd, il siparietto è questo. Matteo Orfini: «La posizione di Bersani è inaccettabile, non si può dire “o così o non la voto”». E Guerini: «Condivido». A sera il vicesegretario conferma che in direzione si voterà e «quella sarà la posizione del partito». Dopodiché, si potrà anche discutere nei gruppi.
Per Orfini la posizione di Bersani e compagni è «irricevibile e strumentale», la libertà di coscienza sulla legge elettorale «non sta né in cielo né in terra». E così la minoranza si prepara allo strappo. D’Attorre attacca: «Se Renzi dice che il Parlamento non può cambiare una virgola si assume la responsabilità di una spaccatura profonda nel Pd». Cuperlo spera ancora nel miracolo: «Margini ci sono sempre…». Civati invece si è convinto che «Renzi vuole la rottura, perché ha capito che con questa palude non si va da nessuna parte».
C’è chi fiuta aria di voto anticipato e chi, come Fassina, pensa che «Renzi ci vede in difficoltà e ne approfitta». L’ex viceministro non pone problemi di tempi: «Stiamo cambiando in modo surrettizio e squilibrato la forma di governo, un premierato forte che fa arretrare la democrazia». Scontro frontale? «Presenteremo degli emendamenti e io sarò coerente, come sul Senato. Una legge con i nominati non è sostenibile».
Monica Guerzoni – Il Corriere della Sera – 27 marzo 2015