Se il primario sbaglia in sala operatoria il suo assistente non condivide la colpa. La Corte di cassazione, con la sentenza 5684 depositata ieri, torna sull’annosa e controversa questione della responsabilità dei medici che lavorano in equipe.
Nel caso esaminato la Corte accoglie il ricorso di un chirurgo chechiedeva di vedere affermata la sua completa innocenza, dopo un verdetto con il quale si dichiarava la prescrizione dei reati che gli venivano contestati (cooperazione in delitto colposo e lesioni personali colpose) senza escludere però la sua partecipazione. La Corte d’appello lo aveva, infatti, giudicato corresponsabile di due errori commessi sullo stesso paziente dal primario che lui aveva affiancato, in un caso in veste d’aiuto in un’altro di assistente. Nella prima operazione al paziente era stata provocata un’emorrargia, mentre la conseguenza del secondo intervento “riparatorio” era stata una grave lacerazione all’addome. I giudici di merito avevano escluso di poter assolvere il ricorrente «perché nella sua veste di aiuto aveva il dovere di dissociarsi dalla conduzione dell’operazione facendorilevare il suo dissenso sul diario clinico». A queste conclusioni la Corte d’appello era arrivata sulla scia di un precedente della Cassazione (sentenza 13212 del 2000) in base al quale assistenti e aiuti sono “salvi” solo se prendono le distanze dalle scelte del primario segnalandone «la rischiosità o l’inidoneità».
Il precedente citato, però, secondo la Corte di legittimità non è affatto sovrapponibile al caso esaminato. Nella sentenza utilizzata per inchiodare l’aiuto alle sue responsabilità, si trattava di scelte terapeutiche ed era dunque logico parlare di dissenso e di diario clinico sul quale annotarlo. Più difficile dissociarsi spiega la Corte “in tempo reale” nel corso di unintervento, magari abbandonando la sala operatoria. Il ricorrente viene dunque assolto perché non basta la sola presenza a far scattare il concorso di colpa. Sul tema la giurisprudenza prevalente si è attestata sul principio di autoresponsabilità e del legittimoaffidamento nel corretto comportamento altrui.
Il Sole 24 Ore – 6 febbraio 2014