Entro un anno il bilancio dello Stato cambierà faccia e la spending review diventerà strutturale. Verrà riarticolata la struttura della spesa con l’introduzione delle “azioni” come ulteriore aggregato conoscitivo rispetto alle “missioni” e ai “programmi” (le prime, che sono 34, raggruppano i secondi, che nel 2013 erano 174) e cambierà il ciclo della programmazione, con un’anticipazione primaverile degli obiettivi triennali dei 12 ministeri con portafoglio in prossimità del varo del Documento di economia e finanza, che viene trasmesso alle Camere entro il 10 aprile.
È quanto prevede uno dei due decreti legislativi approvati l’altro ieri in prima lettura dal Consiglio dei ministri e ora inviati in Parlamento per i previsti pareri.
La riforma punta a far compiere alle amministrazioni centrali il salto dalla logica della spesa storica in costante crescita incrementale a un modello di pianificazione per obiettivi, appunto, che verranno fissati ogni anno nel mese di maggio con un decreto del presidente del Consiglio e poi affidati alla gestione flessibile e ben monitorata di ogni singolo ministero. Non solo. Ai ministeri vengono riconosciuti ampi margini di flessibilità per gestire i loro budget, con possibilità di modificare destinazioni di spesa, definanziare i rifinanziare programmi con decreti propri. Con il ministero dell’Economia che effettuerà un monitoraggio sulla base di accordi con ogni amministrazione (o ministero) con una valutazione continuativa sulla medesima spesa durante l’intero ciclo di bilancio.
Il passaggio al nuovo modello non sarà però a costo zero: nel prossimo triennio l’adeguamento ai nuovi sistemi di contabilità prevede oneri per 37,5 milioni, cui si aggiungono i 21,4 milioni previsti dal secondo decreto legislativo, quello che potenzia la funzione del bilancio di cassa per rendere più stretto e trasparente il legame tra la decisione parlamentare sull’allocazione delle risorse e i risultati dell’azione amministrativa. Insomma circa 59 milioni di oneri in più per passare a una programmazione di bilancio che consentirà di migliorare la qualità e il monitoraggio dell’intera spesa pubblica.
I due decreti (le deleghe sono previste dagli articoli 40 e 42 della legge 196/2009) rappresentano l’ultimo tassello di una riforma che porterà all’addio, sempre dal 2017, della legge di Stabilità separata dalla legge di Bilancio. Dall’anno prossimo avremo un unico provvedimento di natura sostanziale, che conterrà nella prima parte norme di variazione di entrata e di spesa come fa oggi la Stabilità, con una seconda sezione con invece le previsioni di entrata e spesa a legislazione vigente con la relativa parte tabellare ridefinita. Il passaggio è decisivo: la nuova legge di bilancio diventerà lo strumento base per la riallocazione delle risorse e il veicolo di verifica di tutte le politiche pubbliche. Addio insomma alle “variazioni al margine” e leggi di Stabilità che incidono al massimo sul 3-4% della spesa primaria: con la nuova legge di Bilancio unificata Governo e Parlamento in ogni esercizio avranno possibilità di decidere quasi per intero sulla spesa della Pa centrale al netto degli interessi. Ma per quest’ultimo passaggio serve una legge che completi il quadro e che il Parlamento dovrà approvare in tempi stretti per rispettare la programmazione dell’anno in corso e il suo allineamento con il semestre europeo.
Con la nuova legge di bilancio si entrerà anche nella nuova era della spending obbligatoria e strutturale che non consentirà più a singoli ministri di trattare fino all’ultimo secondo prima del varo della manovra per cercare di ridurre al minimo i tagli e di portare a casa nuove risorse. Un’abitudine datata che si è ripetuta anche lo scorso autunno in occasione del varo dell’ultima legge di stabilità nonostante il lavoro portato avanti nei mesi precedenti dall’attuale commissario per la spending, Yoram Gutgeld. A partire dal 2017, a meno di rinvii in extremis, il quadro delle risorse da eliminare e da collocare dovrà essere chiaro già a maggio. Ovvero ben cinque mesi prima del varo della legge di bilancio.
Il decreto attuativo scandisce con chiarezza le tappe su cui si dovrà sviluppare la spending in chiave strutturale. Entro il 10 aprile di ogni anno con il Def dovranno essere definiti specifici obiettivi di spesa per ciascun ministero con riferimento al successivo triennio di programmazione. Obiettivi che anche tenendo conto delle scelte strategiche effettuate di volta in volta dal Governo sul terreno della politica economica e dei conti pubblici, dovranno essere messi nero su bianco non oltre il 31 maggio di ogni anno con un apposito Dpcm su proposta del ministro dell’Economia. E affinché la spending non rimanga solo sulla carta scatterà un attento monitoraggio facendo leva su appositi decreti interministeriali da definire entro il 1° marzo di ogni anno per verificare il conseguimento degli obiettivi di spesa anche con riferimento alla quantità e qualità dei beni e dei servizi prodotti.
Il Sole 24 Ore – 12 febbraio 2016