di Andrea Bassi. I colpi di fioretto del governo con la Banca d’Italia continuano. Dopo il tetto a 240 mila euro agli stipendi allargato anche ai vertici della banca centrale, frenato da un intervento di Mario Draghi che in un parere ha invitato a tener conto dell’autonomia dell’istituto, nell’ultima versione del decreto sulla Pubblica amministrazione è spuntata una nuova norma taglia-stipendi valida anche per via Nazionale.
La riforma delle Autorità indipendenti, inserita nell’articolo 22 del provvedimento sulla Pa, è stata estesa anche alla Banca d’Italia e all’Ivass, l’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni. Le nuove regole prevedono, tra le altre cose, che a partire dal prossimo primo luglio tutte le Authority, dalla Consob, all’Antitrust, dal garante dele comunicazioni a quello dell’energia, procedano ad una «riduzione non inferiore al 20 per cento del trattamento economico accessorio del personale dipendente, inclusi i dirigenti». Nelle prime bozze del provvedimento la Banca d’Italia e l’Ivass erano stati esclusi dal taglio, così come dalle altre misure di «razionalizzazione» dele autorità indipendenti.
LE ALTRE MODIFICHE
Nel testo uscito dal consiglio dei ministri, invece, a Bankitalia e Ivass sono stati estese anche altre norme previsto inizialmente solo per le altre authority. Come, per esempio, il divieto di poter lavorare con i soggetti vigilati nei quattro anni successivi alla cessazione dell’incarico. O il divieto di poter assumere incarichi in alte autorità indipendenti per lo stesso periodo. Non sono le uniche novità contenute nel testo che, comunque, non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale e che dunque potrebbe subire altre limature fino a lunedì. La norma che vieta a chiunque riceva una pensione di poter assumere incarichi direttivi o di consulenza (a meno che non siano gratuiti) con qualsiasi amministrazione pubblica, è stata limata. Sono stati esclusi dal raggio di questa misura tutti gli organi costituzionali.
Presidenza della Repubblica, Camera, Senato, Corte Costituzionale, potranno continuare ad assegnare ruoli ai pensionati. Ritoccate, ancora una volta, anche le misure sul prepensionamento dei magistrati. Nell’ultima bozza è previsto che il periodo transitorio dopo il quale i giudici dovranno lasciare il lavoro a 70 anni invece che a 75 anni, sarà concesso non solo ai magistrati che rivestono incarichi direttivi, ma a tutti. Il termine fino al quale potranno rimanere in carica, tuttavia, è stato riportato al 31 dicembre 2015. Tra le novità dell’ultima ora anche l’azzeramento del Consiglio superiore della Sanità, l’organo consultivo tecnico-scientifico del ministro presieduto da Enrico Garaci.
Intanto ieri il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madìa, ha detto che «nessun rilievo» è arrivato «dal Quirinale», e che entro «lunedì» ci sarà la firma dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Il ministro, insomma, ha voluto rassicurare sull’iter della riforma («è un testo corposo e importante»), aggiungendo che si attendeva ancora la «bollinatura da parte del Mef», che doveva verificare coperture e risparmi. Confermando infine, che il decreto è stato spacchettato in due, dividendo la parte della Pubblica amministrazione da quella che riguarda competitività e crescita. Una decisione, ha spiegato il ministro presa nel Consiglio dei ministri del 13 giugno che ha approvato le misure. Il testo del decreto sulle misure per la crescita, invece, è arrivato nella serata di ieri al Quirinale.
Il Messaggero – 21 giugno 2014