Il governo la frena. La Cgil la boccia, pur con qualche distinguo. La sinistra Pd, invece, la promuove a pieni voti. La riforma delle pensioni è tema complicato per definizione. E lo diventa ancora di più se se si avvicina una scadenza elettorale, come per le imminenti amministrative.
Così, la proposta del presidente dell’Inps Tito Boeri – che l’altro giorno ha rilanciato la possibilità di anticipare di almeno tre anni l’uscita dal lavoro con una penalizzazione sull’assegno del 3 per cento ogni anno – ha provocato reazioni che ieri hanno attraversato tutta la penisola.
Da Palermo, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti – impegnato in un convegno dell’Unione cristiana dirigenti imprenditori – è stato il primo a rispondergli: «Lo abbiano detto ripetutamente che la Fornero è una legge sbagliata. Avrebbe dovuto essere costruita con più gradualità all’uscita. Ma c’è e i risparmi che ne sono derivati sono nel bilancio dello Stato». Nonostante le critiche, Poletti manifesta prudenza e soprattutto fa capire che prima di intervenire bisognerà pensarci molto bene: «Dire che uno va in pensione prima ma gli tagliamo l’assegno comporta una riflessione; capire cioé se quando gli tagliamo la pensione ha ancora soldi per vivere. Io – ha concluso il suo ragionamento l’ex esponente delle Coop – prima di decidere di tagliare la pensione alla gente ci penso 150 volte».
Dal lago di Como, impegnata al forum di Confcommercio a Cernobbio, il segretario della Cgil Susanna Camusso – nel bocciare la proposta Boeri – si è giocata la carta dell’ironia: «Questa discussione continua a essere fatta come se le pensioni fossero chissà quale straordinaria ricchezza e che si possono tagluzzare qua e là». Camusso, in realtà, rilancia sul tema dei lavori usuranti. C’è chi potrebbe andare anche prima: «I lavori non sono tutti uguali; non puoi pensare che stare in un cantiere edile sia come stare dietro alla scrivania». Un tema che verrà rilanciato in una manifestazione nazionale che Cgil, Cisl e Uil organizzeranno per il 2 aprile.
La proposta Boeri piace a Cesare Damiano, che a suo tempo è stato pure lui ministro del Lavoro. «Sosteniamo, come Boeri, che bisogna rimuovere un tappo generazionale che imprigiona i giovani nella disoccupazione. Molti parlamentari Pd hanno firmato un disegno di legge che prevede l’anticipo di quattro anni con una penalizzazione del 2 per cento all’anno: mi pare che siamo sulla buona strada e che una riforma si può fare».
La giornata politica di ieri ha anche detto che il tema “pensioni” potrebbe diventare terreno di scontro per la campagna elettorale delle amministrative. Anche se non rientra tra le prerogative dei futuri sindaci poter intervenire sulla previdenza. Ma Silvio Berlusconi ci prova lo stesso. Pure lui a Palermo per una iniziativa di Forza Italia al teatro Politeama ha lanciato la sua promessa: «Bisogna aumentare le pensioni minime a 1000 euro al mese, con meno non si può vivere». Per lo meno non si è presentato come il “presidente pensionato”.
Repubblica – 20 marzo 2016