Riforme in Aula. Ieri il Ddl costituzionale che archivia il bicameralismo perfetto e riforma il Titolo V è approdato nell’arena di Palazzo Madama. Ed è stato superato subito il primo scoglio, quello delle pregiudiziali di costituzionalità presentate dagli unici due partiti al di fuori del fronte riformatore: M5S e Sel.
Un risultato già di per sé storico dal punto di vista del governo e del premier, se si pensa che nei prossimi giorni i senatori discuteranno e voteranno di fatto la propria abolizione: i nuovi senatori (100 in tutto, dagli attuali 315) saranno scelti tra sindaci e consiglieri regionali nell’ambito dei Consigli regionali. Proprio sul punto dell’elettività si concentrano non a caso le armi dei “dissidenti”, una trentina tra Pd e Fi. «Non sfugge a nessuno di noi – ha detto la relatrice Anna Finocchiaro (Pd) – il rilievo e la portata di questa riforma, la più significativa dall’inizio della storia repubblicana».
I tempi intanto si allungano un po’: il via libera dell’Aula, anche a causa dei numerosi interventi in calendario, non ci sarà entro questa settimana ma entro la prossima. E in ogni caso il testo delle riforme si appresta ad essere ulteriormente cambiato in Aula (o al più tardi nel passaggio alla Camera) su alcuni punti: immunità, poteri del nuovo Senato e modalità di elezione del capo dello Stato (potrebbero essere inclusi tra i “grandi elettori” anche i 73 parlamentari europei). Il termine per la presentazione degli emendamenti scade oggi alle 20, e nei gruppi di Pd, Ncd, Fi e Lega si sta ragionando sulle possibili soluzioni. Dell’immunità per i neo senatori, introdotta in commissione laddove il testo del governo non la prevedeva, è lo stesso Matteo Renzi a parlarne nella lettera di risposta al Movimento 5 Stelle con la quale propone per altro un incontro per giovedì o venerdì: «La vostra posizione sull’immunità è molto seria. Siamo pronti a discuterne». Le possibili soluzioni restano due: eliminare del tutto l’autorizzazione all’arresto e alle intercettazioni per i neo senatori oppure demandare la questione, anche per quanto riguarda i deputati, a un’apposita sezione della Consulta. Altra modifica di rilievo a cui si sta lavorando è l’eliminazione della procedura rafforzata sull’iter delle leggi di bilancio: il testo uscito dalla commissione prevede che la Camera può respingere le proposte di modifica del Senato solo con la maggioranza assoluta, maggioranza che l’emendamento allo studio riporta a semplice. Come anticipato dal Sole 24 Ore di domenica, si sta inoltre ragionando sulla possibilità di prevedere il referendum confermativo in ogni caso, anche se le riforme dovessero essere approvate in seconda doppia lettura con i due terzi. L’ipotesi è quella di mettere in campo un Ddl costituzionale ad hoc che viaggerebbe parallelamente e, si presume, più velocemente. L’obiettivo è avvicinare i tempi del referendum: in caso di approvazione di questo secondo Ddl con i due terzi dei voti (e in favore del referendum sono sulla carta anche gli oppositori alla riforma) non sarebbe infatti necessario attendere i tre mesi previsti dalla Costituzione prima di avviare le procedure per la consultazione popolare: i tempi si abbrevierebbero complessivamente da 8 a 5 mesi. O forse anche meno, se il Ddl allo studio dovesse definire tempi più brevi, ad esempio tre mesi in tutto. Tempi a parte, il premier è comunque tentato di mettere fino in fondo la faccia sulle “sue” riforme: la campagna referendaria potrebbe essere l’occasione per allungare la luna di miele con l’elettorato.
Quanto all’incontro proposto da Renzi al M5S (Grillo in ogni caso non ci sarà), la risposta arriverà solo oggi. Ma la sensazione è che i margini per le modifiche all’Italicum siano molto esigue e soprattutto legate all’assenso di Silvio Berlusconi. Il timing è comunque stretto: «Dovendo azzardare dei tempi potremmo dire che entro il 2014 si approva definitivamente la legge elettorale. Nel 2015 definitivamente la riforma per poi procedere all’eventuale referendum», scrive Renzi nella lettera al M5S. Intanto oggi si serrano i ranghi sul patto del Nazareno. Da una parte la riunione di tutti i parlamentari azzurri alla presenza di Berlusconi; dall’altra due riunioni dei parlamentari del Pd: in mattinata i senatori, con tanto di voto sulla linea, in serata tutti i parlamentari alla presenza di Renzi. Il count down è cominciato.
Il Sole 24 Ore – 15 luglio 2014