I prossimi contratti collettivi nazionali del pubblico impiego sono chiamati a operare una revisione degli istituti normativi che disciplinano i rapporti di lavoro; in questo ambito dovranno in particolare modificare le regole dei permessi e degli altri istituti che disciplinano le assenze, degli istituti di welfare aziendale e delle forme di conciliazione tra vita e lavoro.
È questa l’indicazione dettata dalla direttiva del Governo per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali della Pa. Si deve subito ricordare che, laddove da questi istituti derivassero degli oneri aggiuntivi come ad esempio nel caso di ampliamento dei permessi, di introduzione di forme di welfare aziendale eccetera, occorre che i contratti destinino specifiche risorse nell’ambito delle somme stanziate per il finanziamento dei rinnovi contrattuali. Va inoltre richiamata l’attenzione sulla mole dei temi su cui il Governo impegna l’Aran alla contrattazione: una mole così ampia che la conseguenza potrebbe essere quella di un allungamento della durata delle trattative e il mancato raggiungimento dell’obiettivo indicato dal governo di stipulare i nuovi contratti entro la fine del mese di ottobre.
Viene assunto l’impegno a consentire la fruizione anche a ore dei permessi connessi a motivazioni di carattere personale o familiare, ad esempio negli enti locali i tre giorni all’anno di durata massima dei permessi retribuiti.
Per restare in materia di permessi e assenze, vengono dettati numerosi altri vincoli all’Aran. In primo luogo, andranno disciplinati gli istituti che possono esser utilizzati per potere essere sottoposti a visita medica e/o esami diagnostici. E ancora, viene segnalata la necessità di definire in modo preciso la distinzione tra permessi e assenze per malattia. Inoltre, si deve fissare una durata minima giornaliera dell’orario che deve essere svolto e subordinare il rilascio di questi permessi al preavviso. Si raccomanda di stabilire che la certificazione dell’assenza possa essere resa da parte del medico o con una attestazione della struttura sanitaria presso cui ci si è recati, anche per esami clinici e/o diagnostici.
Dovranno, inoltre, essere introdotte forme di welfare aziendale, che vengono giudicate come particolarmente utili per il miglioramento del “clima lavorativo”. Per la loro definizione si invita a fare tesoro di esperienze positive già maturate sia tra le Pa sia tra le aziende private. La direttiva ricorda, come esempi, le borse di studio, i sussidi per garantire l’accesso a servizi ad elevata valenza sociale. Essa contiene inoltre lo stimolo a dare corso alla formazione di esperienze associative.
I contratti dovranno inoltre introdurre strumenti che consentano una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Vengono ipotizzate una serie molto ampia di misure: dagli asili nido aziendali (esigenza che comunque costituirebbe anche una forma di welfare aziendale), alla revisione della disciplina sui congedi parentali e di maternità per adeguarla alle riforme legislative già intervenute. Altro importante impegno assunto per raggiungere l’obiettivo è il potenziamento degli istituti che vogliono favorire la flessibilità oraria, rimuovendo gli ostacoli che hanno determinato una scarsa diffusione della banca delle ore e dell’orario multiperiodale o plurisettimanale.
Tra gli altri istituti normativi su cui la direttiva impegna l’Aran alla modifica dei contratti in vigore, si devono ricordare la cessione delle ferie a titolo gratuito e l’estensione ai dipendenti a tempo determinato dei benefici oggi limitati al solo personale in servizio a tempo indeterminato. I dipendenti potranno cedere quote delle loro ferie a colleghi che hanno figli che richiedono assistenze continuative. Nuove regole dovranno disciplinare le modalità di utilizzazione dei contratti di somministrazione e la partecipazione dei somministrati alle forme di incentivazione.
Arturo Bianco – Il Sole 24 Ore – 17 luglio 2017