Repubblica. Incentivare i giovani a studiare, anche con il riscatto gratuito degli anni di laurea. Lo propone il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, con l’intento di avvicinare i tempi della pensione che per la generazione post-1996 può arrivare a 70 anni. L’operazione costerebbe 4 miliardi, difficile che si concretizzi. Sia per l’uso di risorse pubbliche a favore di quanti — i laureati — più facilmente trovano lavori ben retribuiti e hanno carriere continue. Sia per l’impatto su tutti gli altri, a suon di ricorsi, che il riscatto l’hanno pagato e anche a caro prezzo.Esiste però dal 2019 una modalità “agevolata” che consente di riscattare ogni anno di laurea con un importo contributivo minimo di 5.360 euro. Bastano 16 mila euro per una laurea triennale, 22 mila per una quadriennale, quasi 27 mila per una quinquennale. Costi deducibili fino a dieci anni nella dichiarazione dei redditi. Tra 2019 e 2020 ne hanno usufruito oltre 42 mila persone. La misura non ha una scadenza, molti però lo ignorano. Ma conviene?
«La risposta è: dipende», dice Andrea Carbone, economista eideatore di @smileconomy. «Solo chi ha iniziato a lavorare presto, laureandosi per tempo e trovando rapidamente un impiego con versamento di contributi può anticipare la pensione grazie al riscatto. Per chi ha iniziato tardi non serve ». Per i post-1996 c’è un’insidia in più. Chi si è laureato prima o a cavallo di quella data — anno in cui parte il calcolo contributivo della pensione (si prende in base a quanto versato) — rischia di andare in pensione paradossalmente dopo anziché prima.
E questo perché il riscatto agevolato consente di riscattare anche gli anni pre-1996 che ricadono nel metodo retributivo (si prende in base alle ultime retribuzioni). Ma solo se si accetta un ricalcolo tutto contributivo della pensione futura. Per i lavoratori misti (gli over 60) potrebbe comportare una pensione più magra.
Ma ai cinquantenni di oggi — che magari erano all’università negli anni pre-1996 o a cavallo — va pure peggio. Scegliendo di riscattare anche solo uno o due anni prima del 1996 perdono il diritto (per la regola della riforma Fornero) di accedere a quella forma di pensione anticipata valida solo per i post-1996 (totalmente contributivi): ovvero uscire a 64 anni con 20 di contributi.
A quel punto dovrebbero aspettare solo l’uscita per vecchiaia che oggi è a 67 anni, ma crescerà con l’aspettativa di vita anche a 70 anni. Una beffa perché questo allungo non sarebbe neutralizzato dal riscatto della laurea che seppur agevolato è sempre costoso.
Le simulazioni di @smileconomy sono molto chiare. Rispetto a un riscatto ordinario (tanto più caro quanto più tardi lo si fa perché calcolato su retribuzioni più alte) il riscatto agevolato conviene perché è a costo fisso, non troppo proibitivo e deducibile. Ma incide in modo significativo sugli anni di anticipo solo per chi ha iniziato a lavorare a 24 anni in modo continuo.
Il 40enne e 50enne vanno in pensione 2 anni e 7/8 mesi prima, rispettivamente a 62 anni e 9 mesi e a 62 anni e 1 mese. Il 60enne riesce a guadagnare anche più di 5 anni, perché si evita anche futuri incrementi dell’aspettativa di vita (che allunga tutti i traguardi di uscita). E quindi si pensiona quasi a 62 anni anziché 67 anni. Ma rinuncia a 88 mila euro di stipendi, incassando di futura pensione 297 mila euro (al netto di quanto speso per riscattare la laurea) anziché 314 mila se non avesse riscattato e fosse uscito a 67 anni.
Scelte di vita anche per 40enni e 50enni che devono farsi bene i conti: andare in pensione prima abbassa l’assegno per sempre. E quest’effetto col contributivo è molto forte.