La sanità continua a infiammare la campagna elettorale, con una serie di velenosi botta e risposta a distanza. L’ultima frecciata arriva al governatore Luca Zaia dal presidente della Toscana, Enrico Rossi, che spara: «Sulla sanità l’unica bancarotta che vedo è quella della Lega in Veneto, perché dividendosi ha messo a repentaglio la sua rielezione.
Forse è un po’ in affanno e un certo nervosismo è legato anche a questo. Noi chiudiamo con un utile di 45 milioni del 2013 sul 2014, sfido il Veneto a certificare il bilancio delle aziende sanitarie come abbiamo fatto noi». Una replica alle esternazioni di Zaia, che qualche giorno fa aveva dichiarato: «La Toscana, pur avendo sforato il tetto della spesa farmaceutica, sarebbe riuscita ad evitare il commissariamento grazie a un’interpretazione favorevole dell’Agenzia italiana del farmaco contro la quale Veneto, Lombardia, Lazio e Sicilia hanno presentato ricorso al Tar. Rossi mi ha telefonato un paio di mesi fa e mi ha chiesto di ritirare il ricorso e io, da collega, da galantuomo e perchè voglio bene ai toscani, l’ho ritirato. E’ solo grazie a ciò che Rossi ha ottenuto l’approvazione del bilancio sanitario 2015».
A sua volta Zaia era stato punzecchiato dal premier Matteo Renzi: «Che ci siano regioni con 7 province e 22 Usl è davvero un’esagerazione. E’ ora di applicare veramente i costi standard alle poltrone, riducendo il numero di manager, e ai prezzi dei beni sanitari». «Informo il disinformato Renzi che in Veneto le Usl sono 21 e non 22 — aveva contrattaccato il presidente —. Il Veneto ha i conti della sanità in attivo da 5 anni, senza introdurre mai addizionali Irpef regionali, unico in Italia; i direttori generali delle 21 Usl sono quelli che hanno prodotto la minor spesa sanitaria pro capite in Italia, secondo l’Istat; vantiamo il minor tasso di ospedalizzazione del Paese e lo stesso governo Renzi ha definito il Veneto Regione benchmark per l’applicazione dei costi standard in sanità».
Mica finita. A riaccendere gli animi arriva la presa di posizione del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che a Renzi precisa: «Sul tema della riduzione delle Usl le Regioni sono libere di intervenire in piena autonomia. Alcune, come la Toscana e la Calabria, hanno già deciso da sole di percorrere questa strada. L’importante però non è il numero delle Usl, ma il fatto che non agiscano l’una contro l’altra all’interno dello stesso territorio. I veri risparmi sono piuttosto ottenibili da una buona gestione delle aziende sanitarie da parte dei manager: sono loro a fare la differenza». «Il premier vada a vedere quante Aziende ospedaliere hanno le Regioni con poche Usl — chiude Luca Coletto, assessore alla Sanità — farebbe scoperte interessanti (il riferimento è alla Lombardia, che ha 15 Usl ma 29 Aziende ospedaliere più 18 Irccs, ndr). Se prendesse esempio dal Veneto virtuoso, eviterebbe di tagliare il Fondo sanitario nazionale per accumulare un tesoretto da 1,6 miliardi di euro».
M.N.M. – Il Corriere del Veneto – 14 aprile 2015