Breaking news

Sei in:

Sanità veneta. Il disavanzo delle Ulss sale a 242 milioni. Male Padova, Treviso e Belluno. Venezia riduce il debito

sanità venetadal Mattino di Padova. La salute non ha prezzo, il welfare sì. E i conti 2015 delle aziende sanitarie del Veneto confermano la difficoltà di coniugare l’equilibrio dei bilanci e gli standard elevati nelle prestazioni in una stagione scandita da ripetuti e ingenti tagli governativi alla spesa sociale. Nell’anno alle spalle, le 24 Ulss e Aziende del territorio hanno prodotto un disavanzo complessivo pari a 242 milioni, 70 in più rispetto al 2014. A fronte di un budget regionale superiore agli 8 miliardi, il deficit non appare drammatico, tuttavia, la comparazione e l’analisi dei singoli bilanci (abbiamo attinto i tasselli dal territorio, in attesa della presentazione ufficiale del documento al governatore Luca Zaia e all’assessore Luca Coletto) evidenzia novità non banali e qualche sorpresa allarmante. Città del Santo, profondo rosso. È il caso dell’Ulss di Padova, in rosso di 24 milioni (+7 sull’anno precedente).

Un esito negativo che appare condizionato dall’insufficiente controllo della spesa – i fondi stanziati agli ambulatori privati accreditati sono lievitati oltre misura – e dalla scarsa “produttività” dell’ospedale Sant’Antonio.

Anche l’Azienda ospedaliera patavina chiude con il segno meno, corrispondente però ad una marcata riduzione del passivo (da 23 a 17 milioni) che denota il cambio di rotta impresso dal dg Claudio Dario. Bene, come al solito, l’Alta Padovana – un milioncino in attivo – maluccio Monselice che sconta però i 18 milioni di rata del project financing stipulato sul nuovo ospedale di Schiavonia. Conti in nero, viceversa, per l’Istituto oncologico veneto reduce dalla gestione commissariale di Domenico Mantoan.

Quel costi aggiuntivi in laguna. Il Veneziano presenta un quadro sostanzialmente stabile: l’Ulss Venezia-Mestre (-54 milioni) e quella di Chioggia (-10) presentano peculiarità “lagunari” oggettivamente penalizzanti sul piano dei costi e il loro forte disavanzo è ormai consolidato nel tempo; nel caso del capoluogo, poi, lo squilibrio è alimentato dall’onda lunga dei project contratti in età galaniana; entrambe, tuttavia, hanno beneficiato della tenace politica di risanamento perseguita dal direttore Giuseppe Dal Ben, culminata nella flessione dell’esposizione finanziaria. Più preoccupanti i 20 milioni in rosso del Veneto Orientale, che riduce sì il passivo precedente ma conferma una situazione di sofferenza, acuita dagli oneri supplementari derivanti dai flussi turistici e dalla concorrenza crescente della vicina sanità friulana. Brava Mirano (+1 mln) che conferma efficienza e rigore.

Sgradita sorpresa dalla Marca. Note dolenti e inattese da Treviso, a lungo fiore all’occhiello della sanità nostrana: i dieci milioni di disavanzo (a fronte dell’attivo 2014) rappresentano un campanello d’allarme che va oltre l’entità della cifra perché i report sulla mobilità dei pazienti segnalano un calo vistoso nell’attività della cittadella sanitaria, divenuta meno attrattiva: a confermarlo, il sensibile esodo di pazienti verso i luoghi di cura del Friuli. Urge un cambio di passo. Tutt’ altra musica per le virtuose Pieve di Soligo e Asolo: la prima aumenta l’utile a 2 milioni, la seconda resta in zona attiva pur avendo finanziato ingenti investimenti.

Cortina delude, Feltre virtuosa. Supera i 9 milioni il debito di Belluno, con un discreto peggioramento nell’anno; per il capoluogo delle Dolomiti vale un po’ l’assunto veneziano: l’offerta sconta una popolazione ridotta e dispersa nel territorio montano, nonché la presenza competitiva di due regioni a statuto speciale; detto ciò, qualche nodo andrà sciolto, a cominciare dalla sperimentazione gestionale avviata a Cortina, rivelatasi non più sostenibile. Che altro? Ufficiosamente, i vertici della sanità veneta concedono alla specificità bellunese un «disavanzo controllato» nell’arco della decina di milioni, la “dead line” non è stata raggiunta ma sarà bene stringere le briglie. Promossa a pieni voti, invece, la piccola e virtuosa Feltre.

Colpaccio del direttore Cobello. La notizia più confortante arriva dall’Azienda ospedaliera universitaria di Verona che balza da -13 min a +1 e dopo vent’anni di apnea toma in utile: un exploit che conferma le qualità manageriali del mestrino Francesco Cobello, migrato a Trieste ai tempi di Giancarlo Galan e riguadagnato alla causa veneta da Zaia. Non può gioire invece l’Ulss scaligera, che sprofonda a – 28 milioni, malissimo anche Legnago che quasi triplica l’indebitamento, ora superiore ai 14 milioni.

Ancora, il tonfo dell’Alto Vicentino (-18 min) solo in parte spiegabile con il saldo annuale del project sull’ospedale di Santorso; e la caduta libera di Rovigo che aumenta di quasi 9 milioni il “buco” precedente. È tutto? Quasi. Come accennato in apertura, il deficit complessivo non avrà conseguenze sull’erogazione dei servizi perché la sanità regionale, attraverso i fondi della Gestione accentrata, prvvederà a ricapitalizzare le aziende che, in qualche caso, hanno depresso gli utili per accantonare risorse in previsione di investimenti strutturali.

Certo le Ulss non sono imprese ordinarie nè la loro “mission” consiste nel conseguimento di profitti bensì nella tutela della salute. Ciò detto, a nessuno è lecito allentare la guardia sul fronte della spesa e chi trasgredisce ne risponde: a fine 2015, il pool dei direttori generali è stato dimezzato in vista dell’accorpamento delle Ulss su base provinciale; alcuni manager sono stati confermati, altri nominati ex novo; i manager in profondo (e ingiustificato) rosso sono stati esclusi in blocco.

spesa san-2

Il Mattino di Padova – 15 maggio 2016 

site created by electrisheeps.com - web design & web marketing

Back to Top