Dopo i medici, i governatori. Beatrice Lorenzin apre un nuovo fronte di scontro sulla sanità. E questa volta tocca alle regioni: «È stato un errore fatale delegare la sanità alle regioni, perché alla fine il risultato lo vediamo. Ma ora cambia l’orizzonte», ha dichiarato ieri la ministra della Salute a Radio 24 del Sole 24 Ore. Incassando subito reazioni al veleno dal Veneto: «È una dichiarazione di guerra», ha replicato l’assessore Coletto. Ma soprattutto la replica stizzita della governatrice del Friuli nonché vice segretaria dei Dem, Debora Serracchiani: «La sanità non si raddrizza togliendola alle regioni. Non sembra una mossa vincente opporre loro gli apparati burocratici di un ministero». Come dire appunto, che le regioni in più casi sono meglio della burocrazia ministeriale. Botta e risposta Lorenzin-Serracchiani a parte, con tutte le ricadute politiche del caso, è chiaro che sulla sanità si sta giocando una partita delicatissima.
Senza dimenticare i medici pronti alle barricate anche per via delle briciole sul piatto per i rinnovi contrattuali, sulle «sanzioni» a vario titolo in cantiere e a loro carico, ma anche sui conti e sul finanziamento del Ssn. Capitolo, quest’ultimo, che per una volta (e solo in questo caso) li vede insieme ai governatori.
Un fianco scoperto, quello del finanziamento, su cui Lorenzin ieri ha ripetuto che basterebbe tagliare 30 mld di sprechi per avere «un Ssn da sogno», soprattutto dopo i fallimenti del titolo V, ora da rivoltare da cima a fondo perché «penalizza le regioni virtuose e anche le altre non riemergono».
Fatto sta che tra le pieghe della manovra spuntano altre novità non esattamente incoraggianti per il Ssn. A partire da una disposizione nuova di zecca che in sostanza sembra riportare indietro ancora una volta le lancette della spesa dal 2017 e fino al 2019: 3,98 mld in meno nel 2017 e poi 5,48 mld nel 2018 e nel 2019. Col rischio, secondo le regioni, di cristallizzare per anni le risorse a quota 111 mld, quella del 2016.
Il tutto seguendo il metodo già percorso con la manovra 2015 (tagli finali da 2,35 mld al Ssn), in «autocoordinamento» tra i governatori e da recepire con un’intesa col Governo entro il 31 gennaio di ogni anno. La novità è che stavolta tra i settori oggetto dei tagli è anche espressamente citata la riduzione della spesa sanitaria.
Ma non solo: lo stesso articolo, riducendo i fondi alle regioni per 1,8 mld nel 2016, di fatto sembra dare ragione a quanti affermano che i tagli sul 2016 ad asl e ospedali sono stati di 2 mld. Contraddicendo così la tesi renziana di un aumento di 1 mld dei fondi per il 2016.
Roberto Turno – Il Sole 24 Ore – 20 ottobre 2015