Sanità veneta, nuova tegola: da eliminare 3.500 posti letto
La revisione di spesa sui conti pubblici dettata dal Governo Monti non sarà indolore per il Veneto e colpirà soprattutto il suo sistema sanitario. Il taglio alle risorse appare superiore alle previsioni degli stessi manager regionali, sfiorando i 700 milioni nel triennio per l’effetto combinato della precedente manovra Berlusconi e della spending review in atto. Nel concreto ciò si tradurrà in un blocco della spesa che l’esecutivo intende bilanciare con una riduzione dei costi fissi. Come?
Chiudendo gli ospedali con capacità di ricovero inferiore ai 120 pazienti – nessun presidio veneto di cura rientra in questa casistica – e riducendo i posti letto da 4,2 (l’attuale media nazionale) a 3,7 per mille abitanti. Oggi la rete ospedaliera veneta ha un indice pari a 4 ma il Piano socio-sanitario approvato dal consiglio regionale prevede di abbassarlo a 3,5 superando gli stessi standard governativi. Per farlo, si dovranno eliminare circa 3500 posti letto (tra pubblici e privati) e gli orientamenti emersi lasciano intuire che la cura dimagrante investirà le province di Venezia, Rovigo, Verona e Vicenza. I tempi? Entro 180 giorni dalla conversione in legge del decreto, a novembre o giù di lì. Non è tutto. Prescritta anche una sforbiciata alle convenzioni con la medicina privata (-1% quest’anno, -2% il prossimo) con un risparmio stimato dai tecnici della Regione in una ventina di milioni. Anche lo stop alla monetizzazione delle ferie non godute ( che grava sui bilanci delle aziende sanitarie) contribuirà ad alleviare il capitolo oneri. Nel tardo pomeriggio, i contenuti del decreto sono stati illustrati dal ministro Renato Balduzzi alla conferenza delle Regioni. A rappresentare la sanità di Palazzo Balbi, l’assessore Luca Coletto e il segretario Domenico Mantoan. Incontro teso, preceduto dal “vade retro” del governatore Luca Zaia («I tagli lineari premiano chi spreca, ci opporremo in ogni modo») e scandito dal malumore “trasversale” degli amministratori. «Il nostro giudizio è assolutamente negativo», dichiara Coletto a conclusionedel vertice «le misure prospettate non risolvono i problemi strutturali, noi avevamo proposto la riforma della gerarchia ospedaliera e dei bacini di utenza, l’introduzione dei costi standard e il potenziamento della medicina preventiva sul territorio. Su questa linea c’era anche l’accordo di altre regioni, come la Sicilia. Siamo stati ignorati e temo che le conseguenze saranno devastanti». Da Venezia, rincara Roberto Ciambetti: «Siamo fuori da ogni grazia di Dio», sbotta l’assessore al bilancio, «come si fa a stravolgere gli stanziamenti a metà anno in un settore così sensibile? Noi diciamo no». «Chi sostiene la mannaia del Governo centrale è un nemico dei veneti», sentenzua il deputato leghista Corrado Callegari. Ma c’è chi contesta l’atteggiamento della maggioranza d centrodestra: «Per ogni problema Zaia ha sempre qualcun altro da incolpare, si assuma le sue responsabilità per portare il Paese fuori dalla crisi», punge il senatore del Pd Marco Stradiotto «non gli piace la spending review di Monti? Pensi a tagliare gli sprechi che esistono anche in Regione, tema su cui da due anni a questa parte abbiamo visto solo annunci e nessun fatto concreto». «Di un capopopolo urlante il Veneto non sa che farsene, è necessario invece un lavoro serio di revisione della spesa sanitaria», fa eco Diego Bottacin, capogruppo di Verso Nord, che legge nell’attacco del governatore alla politica economia montiana una spia dell’«enorme debolezza del Veneto al tavolo di negoziazione nazionale».
«Stiamo pagando i debiti di Galan»
«La politica delle Giunte precedenti ha sicuramente prodotto molto, ma ha anche ingessato completamente il bilancio del Veneto, esaurendo ogni capacità di indebitamento. Se non posso contrarre nuovi prestiti, pur mettendoci tutta la fantasia, non riesco a saldare i fornitori, che già scontano un ritardo mentre dovrebbero essere pagati subito». All’ennesima puntura di spillo di Giancarlo Galan (che imputa «scarsa progettualità» all’amministrazione del successore Zaia) l’assessore al bilancio Roberto Ciambetti reagisce. Non avrà avvelenato i pozzi prima di andarsene – è l’assunto del leghista – ma certo li ha prosciugati fino all’ultima goccia. L’obiezione: nella maggioranza galaniana sedevano anche i “padani”… «È vero, ma il quadro finanziario non era mai emerso in questi termini». Tant’è. Ciambetti illustra il bilancio di previsione 2012 e fotografa un mix – disavanzo da ripianare, spese fisse ineludibili, risorse vincolate dal Patto di stabilità – molto simile a una camicia di forza. La linea è quella del risanamento, con il debito in forte flessione: 596 milioni di euro nel 2010, 100 nel 2011, 30 oggi; un traguardo centrato grazie alla riduzione dei mutui autorizzati e al maggior utilizzo dei fondi in cassa. «Gli sforzi messi in campo nell’ultimo anno e mezzo stanno iniziando a dare numeri positivi. A differenza di altri, abbiamo un bilancio perfettamente in linea con le leggi che operano nella finanza pubblica». Le voci, però, segnalano che a fronte di un totale di 16, 34 miliardi, il margine di manovra dell’amministrazione non supera 1 miliardo e 300 milioni. Il resto è vincolato da spese strutturali, budget sanitario e trasferimenti vincolati. Più Merkel che Monti, sembrerebbe… «Meglio i conti in ordine della Germania che le dinamiche greche o i trenta dirigenti del Metrobus di Napoli premiati con un aumento di grado», è la replica dell’assessore. Che prova ad accendere la luce nel tunnel: «Stiamo cercando di ricreare un polmone per l’economia della nostra regione. Intanto, abbiamo raggiunto il risultato di essere solvibili. Il vero problema è il patto di stabilità che ci impedisce di utilizzare, anche in parte, i depositi presso la Tesoreria unica. Sono 1,3 miliardi e appartengono tutti ai cittadini veneti ma il ministero dell’Economia non trova il tempo di ascoltare le nostre ragioni».
La Nuova Venezia – 5 luglio 2012