Renato Zampa, leader del Cospalat Fvg è in carcere, accusato di aver pilotato le analisi sulla qualità del latte conferito dai soci, di aver distrutto quelle non conformi e di aver commercializzato il prodotto nonostante fosse contaminato dall’aflatossina M1, pericoloso per la salute perché cancerogeno e con effetti negativi sulla crescita dei bambini. Dagli atti dell’inchiesta si capisce che la bestia nera degli indagati erano i veterinari, che avrebbero potuto scoprire la non regolarità dei prodotti lattiero caseari. Per questo gli indagati erano disposti a tutto pur di evitare controlli non pilotabili. E arrivarono al punto di cercare di fare pressioni nei confronti del direttore del Servizio veterinario della Regione Friuli Venezia Giulia, Manlio Palei, per liberarsi dell’intransigente dottor M.G.
L’inchiesta offre uno spaccato sconcertante. Nel 2012 le aflatossine erano diventate una piaga che rischiava di mettere in ginocchio gli allevatori. Non sarebbe bastato gettare nelle concimaie o destinare ai vitelli qualche decina di litri di latte che non risultassero a norma. C’erano quintali di mungiture da distruggere. La filiera lattiero-casearia era in emergenza e il ministero intesificava i controlli. In caso di contaminazione le analisi andavano comunicate all’Asl. Secondo l’accusa, il Cospalat non lo fece. Distrusse le analisi e chiese ai soci grande attenzione nell’alimentazione dei bovini.
La situazione era però diventata disastrosa. «Dio bon, abbiamo tolto la farina», si giustificava un’allevatrice parlando alla segretaria di Renato Zampa che le segnalava la presenza del fungo “superiore a 100 anche l’altro giorno”. E aggiungeva: «Non so più cosa fare. Non gli diamo la farina, l’insilato l’abbiamo tolto, non so da cosa possa dipendere».
I carabinieri del Nas di Udine hanno centrato le indagini sul laboratorio Microlab di Amaro. Il veterinario Gentili aveva consegnato agli investigatori tutti i rapporti delle prove di laboratorio. «Sono stati qui e ci hanno ribaltato il laboratorio», dice la biologa Gabriella Mainardis a Zampa. Pochi minuti dopo la consulente del Cospalt, Paola Binutti, spiega a Zampa che ci sono problemi con le analisi. «Abbiamo un problema con le ultime analisi delle aflatossine che ci hanno fatto “sti disgraziati di autisti che abbiamo eh. Non so se le hai viste, sono da paura. Non so come dobbiamo mandarle. Dobbiamo mandarle anche G., sì che ci fa chiudere la struttura”». La preoccupazione di Zampa è palpabile: «Siamo diventati deboli». «Da morire», è la replica della Binutti.
L’intercettazione avviene mentre sono nell’ufficio del Consorzio. Telefonano a un veterinario cercando consiglio. La risposta: «Il latte non deve essere commercializzato». Qualche giorno dopo affrontano ancora il “problema” del dottor G. Dice la Binutti che vorrebbe dire a Palei: «Senti ninin, non ho capito, questi vanno avanti ormai per i c… loro o intervieni tu a dirgli basta… O dimmi come fare». I carabinieri del Nas «non li tocchi neanche se vuoi. È una rottura di c…». E Zampa riferendosi all’ipotetico incontro con Palei sul “caso G.”: «Sì, però, digli, passata questa buriana deve andarsene, deve mandarlo almeno a Napoli». Binutti: «L’ultima volta che ho visto Palei gli ho detto: “Secondo me tu dovresti mandarlo a Timbuktu”».
Lo scandalo del latte “avvelenato”: il prodotto tossico distribuito in 86 caseifici
Il vulcanico leader del Cospalat Fvg è in carcere. Renato Zampa, 52 anni, di Pagnacco, è accusato di aver pilotato le analisi sulla qualità del latte conferito dai soci, di aver distrutto quelle non conformi e di aver commercializzato il prodotto nonostante fosse contaminato dall’aflatossina M1, un fungo che si sviluppa nel mais, molto pericoloso per la salute perché cancerogeno per il fegato e con effetti negativi sulla crescita dei bambini.
È accusato anche di aver consegnato ai caseifici, molti dei quali in Veneto e Friuli, latte per produrre formaggio Montasio o Omega 3, latte che in realtà non proveniva da allevamenti selezionati e viaggiava con bolle false. Il suo Cospalat, a conclusione di un’inchiesta del Nas di Udine durata dal giugno al novembre 2012, viene dipinto come un “Consorzio per delinquere”. Ed è sul reato associativo – ipotizzato dal pm Marco Panzeri e dal procuratore Antonio Biancardi – e sull’adulterazione di sostanze alimentari che si fonda l’ordinanza di misura cautelare firmata dal gip Roberto Venditti ed eseguita ieri dagli uomini del capitano Antonio Pisapia con l’ausilio di oltre 300 carabinieri dei Comandi territoriali. All’alba sono cominciate le perquisizioni in 86 aziende e caseifici delle province di Udine, Pordenone, Gorizia, Treviso, Padova, Vicenza, Arezzo, Perugia, Napoli, Bari e Brindisi. Sette sono le ordinanze di misura cautelare. Agli arresti domiciliari ci sono i principali collaboratori di Zampa. La storica segretaria, Stefania Botto, 45 anni, di Tavagnacco, è accusata di aver predisposto la falsa documentazione. Dragan Stepanovic, 31 anni, serbo di Udine, capo degli autisti, impartiva istruzioni su come comportarsi con le bolle di consegna e la miscelazione nelle cisterne del latte genuino con quello contaminato per abbassare la carica di aflatossine. L’eliminazione delle analisi scomode era possibile grazie alla complicità di Paola Binutti, 45 anni, di Attimis, principale consulente di Zampa e socio accomandatario de “Il Laboratorio Sas” di via Stiria a Udine; la biologa Gabriella Mainardis, 54 anni, di Tolmezzo e il tecnico di laboratorio Cinzia Bulfon, 30, di Amaro, che operavano attraverso il Microlab di Amaro, dove venivano controllati i livelli delle aflatossine.
Obbligo di dimora ad Arezzo, dove vive, per Roberto Alaimo, 52 anni, accusato di furto aggravato in concorso con Stepanovic: giocando sulla tara dei camion, caricavano meno latte, lo mescolavano con l’acqua fino a riempire la cisterna e vendevano l’eccedenza dividendosi poche decine di euro. Zampa, Botto e l’autista serbo sono accusati anche di frode in commercio per aver venduto latte, prodotto nelle stalle dei soci Cospalat, non idoneo alla produzione di Montasio. Al caseificio Toniolo Casearia, di Selva del Montello, nel Trevigiano, di falso “latte fresco alimentare Dop Montasio” ne sono stati consegnati 149.329 chili. Alla latteria di Cavolano, a Sacile, 10.750 chili. Con lo stesso sistema, latte di qualità comune è stato conferito anche al caseificio Latte Vivo di Feletto Umberto, dove si confeziona latte fresco “Alta qualità” e “Omega 3” scatenando reazioni furibonde da parte dei caseifici che autonomamente sottoponevano il prodotto a rigorosi controlli e scoprivano irregolarità. In un caso è stata riscontrata anche la presenza di antibiotici.
Per commercio di sostanze alimentari nocive superiori a 50 ppt (in alcuni casi il valori superavano i 100) sono indagati 17 soci del Cospalat, oltre a Zampa e ai suoi fidati. Il gip, nel rimarcare la spregiudicatezza e la disinvoltura dell’attività illecita, continuata anche dopo le ispezioni del Nas, sottolinea il “palese disinteresse verso il bene della salute pubblica, ancor più riprovevole laddove si pensi che il latte costituisce il principale alimento per l’infanzia”.
Il Gazzettino – 21 giugno 2013