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Schillaci alle regioni: entro fine anno stop ai medici gettonisti. Il ministro: un ReCup regionale unico per le liste d’attesa

«Lancio alle Regioni un appello: dopo la stretta con il decreto Bollette sui medici “gettonisti”, facciamo sì che a fine anno il fenomeno finisca. È assurdo che nello stesso ospedale ci siano persone pagate tre volte di più di chi lavora all’interno delle prestazioni pubbliche. Non può esserci una discriminazione tra gli operatori, è inaccettabile». Il richiamo a bloccare il ricorso ai sanitari “affittati” attraverso le cooperative per coprire i buchi di personale (con un turno di 10-12 ore pagato fino a 2mila euro lordi) arriva dal ministro della Salute Orazio Schillaci, intervistato al “Festival delle Regioni” a Torino dal direttore del Sole-24 Ore Fabio Tamburini. Per Schillaci è questo il primo passo per rimediare alla carenza di personale che affligge da tempo il Sistema sanitario nazionale. Perché «una volta che chiuderemo con i “gettonisti”, e conto moltissimo sulle Regioni per raggiungere questo obiettivo, i medici torneranno al sistema sanitario pubblico» ha detto il ministro.

Proprio la valorizzazione degli operatori sanitari insieme al «problema annoso e odioso» delle liste d’attesa sono gli obiettivi su cui il governo vuole «concentrarsi». E il primo fattore può incidere sul secondo: si deve «premiare economicamente e con percorsi di carriera più agili gli operatori del servizio sanitario pubblico» e allo stesso tempo «finalizzare le risorse oltre che a pagare meglio gli operatori, a far sì che questi stessi operino per ridurre le liste di attesa».

Un contributo può arrivare da un ReCup unico regionale «per tutte le prestazioni che sono erogate a carico del Ssn», sia ospedali pubblici sia le strutture private convenzionate. Un’entità, ha spiegato Schillaci, che «governi e controlli la applicazione e i tempi delle liste di attesa, regione per regione, prestazione per prestazione, per poter intervenire tempestivamente laddove una determinata prestazione in un determinato posto si allunga».

Del resto, ha riconosciuto il ministro della Salute, «veniamo da un periodo difficile, da una congiuntura economica difficile ma il nostro servizio sanitario nazionale è un patrimonio che va difeso nell’interesse di tutti e per questo stiamo operando» ha detto facendo riecheggiare le parole del capo dello Stato Sergio Mattarella pronunciate proprio a Torino 24 ore prima (il Servizio sanitario nazionale «è un patrimonio prezioso da difendere e adeguare»).

C’è soprattutto da sfruttare la «straordinaria opportunità del Pnrr» che si concentra su due grandi capitoli: «La medicina territoriale che – ha fatto notare Schillaci – è mancato durante il Covid e ringrazio le regioni per il contributo per rendere operative le case di comunità, dove accanto alle infrastrutture abbiamo un problema di personale. Non possiamo costruire cattedrali nel deserto e non riempirle». Il secondo capitolo è quello della digitalizzazione e della telemedicina, la «vera rivoluzione» per «superare le tante inaccettabili diseguaglianze che ancora ci sono oggi nel nostro Ssn».

La risposta dei governatori arriva subito dopo. Per il presidente della Toscana Eugenio Giani (Pd) servono nella manovra «10-15 miliardi in più per implementare il sistema sanitario». Luca Zaia, presidente del Veneto (Lega) chiede di «aumentare le risorse» e di «essere più concreti, per esempio trattenendo nel pubblico i medici over 70 obbligati ad andarsene, magari nel privato dove li accolgono a braccia aperte». Infine, per il presidente della Provincia autonoma di Bolzano, Arno Kompatscher la rispondere alla domanda sanitaria del Paese e affrontare il tema difficile delle liste d’attesa, l’unica soluzione è lavorare sulla medicina territoriale. Ormai il 70% dei servizi sanitari richiesti riguardano situazioni croniche, occorrono più medici di medicina generali, figure centrali del sistema sanitario che vanno valorizzate nella loro professionalità e non trasformate in operatori burocrati».

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