Rosatellum, legge di Bilancio, Ius soli: sono questi (e in questo ordine temporale) i provvedimenti che di qui alla fine della legislatura occuperanno il palcoscenico del Senato. Tre leggi che per riuscire a ottenere il via libera dell’Aula di Palazzo Madama avranno probabilmente bisogno di 3 voti di fiducia garantiti da 3 diverse maggioranze.
Il primo appuntamento è con il Rosatellum, che da oggi è all’esame della commissione Affari costituzionali. Sembra scontato che, come già avvenuto alla Camera, il Governo ricorrerà alla fiducia sui primi 3 articoli della riforma elettorale. Non tanto per evitare i voti segreti (al Senato sono un’eccezione) quanto per accelerare i tempi e arrivare all’approvazione già la prossima settimana (il 26), prima che la sessione di Bilancio imponga lo stop ai lavori dell’Aula e soprattutto prima delle elezioni siciliane del 5 novembre. Ma quale sarà la maggioranza a sostegno del Rosatellum?
Sul voto finale (palese)ci saranno certamente tutte le forze politiche che hanno già votato a favore alla Camera (Pd, Fi, Lega, Ap e altri gruppi minori). Ma sulla fiducia né il partito di Salvini né i forzisti si “sporcheranno” votando a favore del Governo e si limiteranno a uscire dall’aula non potendosi astenere perché al Senato l’astensione è equiparata al voto contrario. Il Pd e i centristi più le autonomie e acuni senatori del misto dovranno dunque essere autosufficienti. E in effetti i numeri a disposizione glielo consentirebbero. Ma c’è un problema: la mancanza del numero legale. Se anche i gruppi contrari al Rosatellum (M5s, Mdp, Si) usciranno dall’Aula i presenti potrebbero essere meno di quella metà più uno necessaria per non sospendere i lavori. Per evitare questo scenario si pensa a diminuire il quorum. Basterà che una decina di senatori di Fi e Lega o risultino in congedo oppure rimangano in Aula astenendosi.
Assai più complesso il passaggio della legge di Bilancio. Anche in questo caso è scontato il ricorso alla fiducia. E altrettanto probabile il «no» di Mdp, non solo perché le richieste dei bersaniani su sanità e pensioni non sono state esaudite ma perché a dividere è la legge elettorale che come ha confermato Roberto Speranza rappresenta «un punto di non ritorno». Per ottenere il via libera del Senato la maggioranza dovrà quindi necessariamente “allargarsi” visto che Pd, Ap e autonomie e una parte del misto non sono sufficienti. Probabile che – come già avvenuto in altre occasioni – a prestare “soccorso” arriveranno i verdiniani di Ala e altri senatori sparsi in gruppi minori che certamente faranno “pesare” il loro voto durante il confronto sulla manovra.
Quanto allo ius soli, si pensa a portarlo in Aula a fine novembre, subito dopo il primo sì alla legge di Bilancio. In questo caso a venir meno sono i voti dei centristi di Ap. Il partito di Alfano ha detto che il provvedimento va rinviato alla prossima legislatura. Ci sarà invece Mdp: «Lo abbiamo già anticipato siamo pronti a votare la fiducia sullo ius soli», conferma Miguel Gotor. Se anche si aggiungesse Si, i voti comunque non basterebbero. A meno che Ap non decida di limitarsi a uscire dall’Aula e non sommare i suoi «no» a quelli delle opposizioni.
Il Sole 24 Ore – 17 ottobre 2017