IL concorso nazionale per l’accesso alle Scuole di specializzazione in Medicina resta nazionale, ma sarà telematico. Lo ha detto il capo di gabinetto del ministero dell’Istruzione (e dell’Università) ai giovani medici e agli aspiranti specializzandi, tornati lo scorso 2 aprile in piazza. È confermato che si tratterà di una prova per titoli e quiz e che si svolgerà a metà ottobre.
La novità della declinazione telematica è dovuta, ha detto il capo di gabinetto, Luigi Fiorentino, dalla necessità di mantenere il concorso “a elevata qualità a fronte di un numero di partecipanti imponente”. Al contempo, dalla necessità di avviare rapidamente i prescelti alle cinquanta scuole di specializzazione.
A fronte della paura diffusa di tornare – dopo solo un anno – ai concorsi locali così poco credibili, il ministro Stefania Giannini ha assicurato che il decreto Carrozza non sarà stravolto. C’è, però, la volontà di dare più peso nel test alla parte specialistica dei quesiti rispetto a quella generale. Entro la prossima settimana sarà firmato un decreto ministeriale con i dettagli. Il capo di gabinetto ha detto agli specializzandi, poi, che il ministero vuole aumentare il numero delle borse a loro destinate.
I futuri medici hanno trovato una sponda larga nelle parole del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha dichiarato (alludendo al governo Monti): “Quando nel passato si è deciso di tagliare le borse di specializzazione lo si è fatto per ragioni di bilancio, senza pianificare i fabbisogni di nuovi medici e il loro inserimento nel Servizio sanitario. Già quest’anno il Parlamento ha stanziato risorse per aumentare il numero dei contratti di specializzazione per il 2014, ma non abbiamo risolto il problema. Insieme al ministro Giannini abbiamo chiesto al ministro dell’Economia di reperire nuove risorse per finanziare i contratti in modo strutturale già dal 2015”. L’intervento dovrà essere attuato subito dopo l’approvazione del Documento di economia e finanza (Def), nel corso di aprile quindi.
Con il decreto Carrozza gli anni della formazione per tutte le specializzazioni – là dove non esiste il vincolo comunitario – sono scesi da cinque a quattro. E nel disegno di legge Lorenzin, ora al Senato, si prevede la possibilità di svolgere l’ultima parte della formazione specialistica in aziende del Servizio sanitario nazionale. Manca, da troppo tempo, un’accurata programmazione dei fabbisogni di specialisti, regione per regione.
Oggi le cinquanta scuole di specializzazione sfornano 3.300 nuovi medici l’anno, a fronte degli ottomila pensionamenti di clinici anziani. In questa distanza – 4.700 posti di lavoro – c’è, appunto, la cattiva programmazione regionale e c’è la questione gigantesca del numero chiuso, sia per l’ingresso in facoltà che per l’accesso alla scuola di specialità, oggi un imbuto senza ragione. Si è calcolato che nel 2020 (approdo alla laurea di una matricola in Medicina che entra in facoltà oggi) in Italia ci saranno 8.000-9.500 nuovi laureati quando i contratti di formazione specialistica disponibili ora sono soltanto 3.300, cui bisogna aggiungere 900 borse per la formazione di Medicina generale. Per il 2020 si prevede il pensionamento di 58 mila medici specialisti. Senza interventi, si rischiano contemporaneamente 20-30 mila giovani medici disoccupati: non potranno lavorare (non essendo specialisti) né frequentare un corso per diventare specialisti (non essendoci posti a sufficienza).
Il numero di contratti stanziati è sceso dai 5.000 nel 2012 agli attuali 3.300. Al prossimo concorso (nazionale e telematico) dovrebbero partecipare 12.500 medici, compresi gli esclusi degli scorsi anni. Numeri in crescita, quindi. Dopo la prova, 9.000 rimarranno fuori. E dovranno emigrare all’estero o attendere da disoccupati i concorsi 2015 e 2016.
Ogni anno vengono formati 4-5.000 dottori che poi saranno impossibilitati a praticare. E mancheranno, quindi, 4-5.000 dottori ai pazienti. “Vi auguriamo una salute di ferro”, si leggeva sugli striscioni esposti a Montecitorio. La formazione medica, trasformata in queste stagioni in un’emergenza sociale, costa allo Stato 1,5 miliardi l’anno. Uno studente per l’intero corso di laurea di sei 6 anni spende 8.150 euro in media, per specializzarsi altri 10.000 euro. Il costo dello Stato per i sei anni di laurea di un singolo arriva a 24.800 euro. Specializzare un solo medico impegna 128.000 euro per un costo totale superiore ai 150.000 euro se si tiene conto dell’intero iter formativo di undici anni.
Spendiamo molto per formare giovani clinici, e ci viene riconosciuto nel mondo che li formiamo bene. Tuttavia, assistiamo a una loro fuga crescente verso la Francia (dove la programmazione del fabbisogno sanitario è precisa), la Germania, la Svezia, il Regno Unito, l’Australia. E’ un’emorragia economica, culturale.
Le soluzioni, suggerite dagli stessi giovani medici, ci sono. Innanzitutto attingere alle risorse, spesso sprecate, del Fondo sociale europeo attraverso le Regioni. Fin qui solo la Regione Campania è stata capace di recuperare 10 milioni. Poi, basterebbe destinare 75 milioni (il 4%) del fondo Garanzia giovani (fino a 1,7 miliardi di euro) per finanziare altre tremila borse. E siamo a 6.300. Con le eventuali borse regionali ci si avvicina al fabbisogno di ottomila. Con l’idea in testa della solidarietà generazionale, i giovani medici organizzati si sono spinti oltre: chiedono un contributo agli Ordini e ai medici con pensioni superiori ai 4.800 euro. “Più dottori, meno senatori”, si leggeva l’altro giorno al sit-in di Montecitorio.
Repubblica – 5 aprile 2014