L’unica cosa certa è che l’Imu bisogna pagarlo. Poi a quale comune finiscano i soldi è ancora tutto da scoprire. Tra le molte differenze che hanno caratterizzato il passaggio dall’Ici all’Imu ce n’è una, apparentemente solo un dettaglio, che sta creando nuovi disagi ai comuni.
L’Ici si versava su un bollettino indicando per esteso il comune dove era situato l’immobile.
Per l’Imu no: si usa l’F24 dove il comune è identificato da un codice alfanumerico. L’errore è però dietro l’angolo perché basta scrivere male una H, letta dall’intermediario come una M e il tributo invece di andare, per esempio, a Prato (codice H002) arriva nelle casse di Villarbasse in provincia di Torino (M002). Oppure basta invertire due numeri e i soldi destinati a Castellamare di Stabia (C219), andranno a Castelnovo ‘Ne Monti (C129), un piccolo comune in provincia di Reggio Emilia dove hanno già ricevuto tasse altrui per 23mila euro. Soldi che non gli appartengono e che vengono per ora stoccati in un fondo speciale, in attesa di restituirli ai legittimi proprietari.
Il problema maggiore si pone però per i piccoli comuni con i codici molto simili a quelli dei grandi capoluoghi, come ad esempio Rolo (H500) un comune di 4000 abitanti che nell’elenco sta nella posizione precedente a Roma (H501). In molti nella capitale si sono sbagliati e a Rolo è arrivato un 15% di Imu in più del dovuto: un flusso di entrate che ha sballato il rapporto tra vecchia Ici e nuova Imu con conseguente, ingiusto, aumento dei tagli governativi verso il piccolo comune romagnolo.
Infine, i soldi in esubero, sono gli stessi che mancheranno al comune legittimo il quale, in fase di controllo, farà partire gli accertamenti verso i cittadini che a lui risultano “inadempienti”. Certo, c’è una ricevuta, ma occorrerà fare tutta la trafila per dimostrare di avere pagato davvero.
Nessuno oggi può avere la minima idea di quanti siano i versamenti sbagliati che stanno vagando tra gli ottomila comuni italiani, quanti i soldi che aspetteranno mesi prima di tornare nelle casse giuste, quanti i cittadini che dovranno dimostrare di non essere evasori. Problemi che sarebbe stato facile evitare se, affianco al codice, si fosse lasciato lo spazio per indicare anche il nome del comune di riferimento.
Piccole disattenzioni che rendono la burocrazia italiana un mostro da quale difendersi con sempre maggiore attenzione.
Emilio Casalini – info@reportime.it – 23 aprile 2013