Nel giorno in cui a Padova sfilano 600 specializzandi per protestare contro il taglio delle borse di studio, si appende che il Tribunale della stessa città, sezione Lavoro, firma una sentenza destinata a fare storia. Il giudice Mauro Dalla Casa ha condannato il ministero della Salute a risarcire 600 specializzandi immatricolati all’Università di Padova dal 1994 al 2006, con la cifra record di 23 milioni di euro.
Il motivo? «La mancata emanazione dei decreti di rideterminazione delle borse di studio». Negli anni i ricorrenti hanno percepito sempre uno stesso importo di 925,31 euro al mese stabilito (allora in lire) nel 1991, ma mai aggiornato. A partire dal primo gennaio 1992 la borsa di studio avrebbe dovuto essere adeguata al tasso programmatico di inflazione, che sale ogni anno, e rideterminata ogni triennio con decreto del ministero della Salute, in base al miglioramento tabellare previsto dal contratto nazionale di lavoro del personale sanitario. Invece, dopo un primo passaggio da 925,31 a 966,96 euro al mese (sempre lordi e comprensivi di tasse universitarie e assicurazione), l’iter si è bloccato. E invece di concedere prima un incremento a 1700 e poi a 2367,26 euro, tutto è rimasto com’era.
«Per 16 anni, a causa delle varie Finanziarie che hanno razionalizzato la spesa pubblica e dell’inadempienza dei ministeri competenti, l’ammontare della borsa di studio è rimasto congelato — spiega l’avvocato Federico D’Amelio, che assiste i 600 specializzandi —. Secondo il Tribunale di Padova si sarebbe dovuto quantomeno riderminare ogni triennio, con decreto del dicastero della Salute in accordo con quelli dell’Università e del Tesoro. Si ravvisa un mancato adempimento da parte dello Stato italiano alla normativa Ue sull’adeguata remunerazione da corrispondere ai medici in formazione specialistica». Ogni ricorrente percepirà un differenziale tra il ricevuto e il dovuto di 1400 euro al mese per gli anni 2004, 2005 e 2006 e di mille per il triennio precedente, a risarcimento dei danni indotti per «mancata emanazione dei decreti» di rideterminazione degli importi della borse. Per l’avvocato D’Amelio, che ha vinto uguali cause a Milano, L’Aquila e Ancona, è una soddisfazione. Ma il ricorso in appello del ministero sarà inevitabile.
Corriere del Veneto – 8 novembre 2013