«Abbiamo recepito da ultimi una direttiva europea riuscendo a peggiorarla, a compiere un’infrazione e a creare un danno alla ricerca italiana». Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, esprime giudizi netti per far capire la gravità del provvedimento approvato alla Camera riguardante le norme anti-vivisezione.
Al Senato, dove era stato licenziato, venivano introdotti alcuni emendamenti che alteravano sostanzialmente il testo europeo. Questi vietano gli eterotrapianti, cioè dall’animale ad un’altra specie, impedendo di fatto una serie di ricerche molto importanti per la salute dell’uomo. «Non potremo più sperimentare tumori sui topi — sottolinea Garattini —, trasferire elementi di maiale, non potremo più condurre studi sulle droghe e saremo impediti anche nell’uso o meno dell’anestesia: una vera stupidaggine». La legge europea nata per armonizzare le regole ammoniva però i Paesi dell’Unione precisando che nel recepire il provvedimento non dovevano introdurre norme più restrittive. Invece al Senato è accaduto e ieri alla Camera è stato sottoscritto. Garattini ha scritto nei giorni scorsi anche al ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza prospettando i rischi. Ma la sua lettera non ha ricevuto risposta.
«Il provvedimento ci mette in condizioni estremamente negative nei confronti degli altri Paesi — sottolinea il direttore del Mario Negri — proprio sul piano della ricerca. Non potremo competere su questo fronte con altri progetti europei, dal momento che le condizioni sono diverse. È un ennesimo colpo alla ricerca italiana».
Ora il governo dovrà predisporre un regolamento d’attuazione e tutti gli scienziati coinvolti sperano che sia possibile trovare uno spiraglio, un appiglio al quale aggrapparsi per recuperare una situazione che vieta l’impiego di qualsiasi animale, topi compresi. Quando in Italia si parla di ricerca — attacca la comunità scientifica — c’è sempre modo di alterare la discussione, facendo prevalere più le emozioni (cattive) invece della ragione.
Corriere della Sera – 1 agosto 2013