Coldiretti: “E’ giusto preservare il diritto alla salute, ma ci vuole anche una forma di ammortizzatore fiscale che risarcisca questi produttori, che spesso sono di piccole dimensioni ma danno lavoro a centinaia di famiglie”. Cia pronta ad azioni legali. I sindaci: “Ci vorrebbe la Gestapo”
E’ allarme tra gli allevatori e i produttori per il nuovo decreto della Regione sul consumo di latte e prodotti caseari e sulla distribuzione di carni e uova. Nella zona di Borgetto, Carini, Giardinello e Montelepre considerata a rischio diossina ci sono una sessantina di allevamenti e un migliaio di capi che producono carni e latte, oltre ad alcuni caseifici, che devono eliminare le produzioni successive all’incendio di Bellolampo. “E’ un danno economico rilevante per i produttori – denuncia Angela Sciortino, direttore regionale della Cia, Confederazione italiana Agricoltori – chiediamo che siano risarciti”.
E il presidente regionale di Coldiretti, Alessandro Chiarelli, che è anche membro del consiglio dell’Associazione regionale Allevatori della Sicilia, chiede l’attivazione da subito di un’unità di crisi che riunisca ad uno stesso tavolo i produttori con i dirigenti degli assessorati regionali alla Salute e all’Agricoltura (che intanto ha stanziato delle somme ad hoc).
“Non possiamo permettere che queste zone pedemontane famose per alcune produzioni doc come la pecora di Montelepre – dice Chiarelli – o il caciocavallo subiscano un danno economico. E’ giusto preservare il diritto alla salute, ma ci vuole anche una forma di ammortizzatore fiscale che risarcisca questi produttori, che spesso sono di piccole dimensioni ma danno lavoro a centinaia di famiglie”. Coldiretti calcola che ciascuna azienda ha circa 8-10 capi e produce da 200 a 400 quintali di latte all’anno. E visto che il latte prodotto dopo il 29 luglio dagli allevamenti nella zona contaminata è a rischio, dovrà essere eliminato come rifiuto speciale.
“Sono tutti costi per i piccoli produttori – continua Chiarelli – e molti potrebbero ricorrere anche al latte e alle cagliate provenienti dall’estero, dalla Lituania, per esempio, con il rischio di una sofisticazione degli alimenti”. Dal decreto, sono escluse almeno per il momento alcune carni tipiche come la Cinisara. Ma i controlli dei veterinari dell’Asp di Palermo continueranno a interessare altri comuni delle zone vicine al raggio di contaminazione della discarica. “Molti produttori del palermitano – spiega Antonio Terrasi, vicepresidente del consorzio Isola dei Sapori – temono la cattiva pubblicità e di essere tutti associati ai comuni a rischio. Temono di perdere i clienti nei mercati dedicati alle produzioni locali organizzati in città”.
Repubblica – 12 novembre 2012