La dead line è il 1 gennaio 2016. Da quella data scatteranno le sanzioni che l’Ue ha comminato all’Italia, con sentenza definitiva, per non aver costruito sistemi di depurazione adeguati.
Le multe sono salate, vanno dall’una tantum da pagare immediatamente, calcolata sulla base del Pil nazionale e che potrebbe essere di quasi 10 milioni euro, a una ammenda giornaliera, calcolata sulla mora tra la messa in regola rispetto alla data di esecutività della sentenza, che potrebbe andare da 11mila a 700mila euro al giorno.
Un salasso che sembra inevitabile, considerando che città e aggregati urbani messi sotto accusa dall’Unione a causa del sistema fognario inadeguato sono oltre 800. La situazione più critica è nel Mezzogiorno, dove non sono in regola città come Agrigento, Avellino, Benevento Campobasso, Crotone, Isernia, Napoli, Reggio Calabria e Salerno. Nel Centro, tra le città sotto accusa ci sono Chieti e Piombino, mentre al Nord Ventimiglia Sanremo e Genova coprono praticamente tutto l’arco del golfo. A Est, Vicenza e Monfalcone.
Chi si sta dando da fare per evitare le multe (e rispettare l’ambiente) è Firenze, dove la società Publiacqua ha aperto da un paio d’anni i cantieri per realizzare il progetto Ersa, acronimo che sta per Emissario di Riva Sinistra d’Arno, e che consiste nella realizzazione di una conduttura per raccogliere gli scarichi fognari fiorentini, che finiscono lungo la riva sinistra dell’Arno ancora non depurati, convogliandoli al depuratore di San Colombano. Nell’area, interessata dall’opera, vivono complessivamente 140.000 abitanti.
La direttiva europea per la depurazione delle acque reflue è particolarmente onerosa, secondo un calcolo effettuato dagli uffici tecnici della Commissione, gli Stati membri dovranno investire circa 35 miliardi di euro. La Commissione ha previsto una serie di interventi per coadiuvare i Paesi nell’attuazione della direttiva come ha anche previsto la possibilità di avviare azioni legali in caso di negligenza e, in caso di condanna, ossia di accertamento della violazione, commina delle pesanti sanzioni, come è appunto avvenuto per l’Italia.
L’infrazione alla direttiva può essere denunciata anche da parte di un singolo cittadino dell’Unione o da una Ong, naturalmente anche la Commissione può procedere direttamente contro lo Stato che non abbia rispettato i propri obblighi. Secondo la direttiva poi, gli Stati devono aggiornare periodicamente la Commissione sullo stato di avanzamento dei lavori e delle iniziative intraprese per ottemperare alla direttiva e queste informazioni, quando rivestono carattere di pubblico interesse, vengono pubblicate, agendo così come uno strumento di cambiamento e un incentivo al progresso.
La direttiva è stata infatti approvata nello spirito di interventi quadro tesi a tutelare la qualità dell’acqua potabile, di quella di balneazione e della biodiversità. L’obiettivo è quello di arrivare a un sostanziale risanamento delle acque del vecchio continente entro il 2015. Per l’Italia, con oltre 800 aggregati urbani fuori norma, un traguardo che sembra difficilmente raggiungibile.
ItaliaOggi – 5 maggio 2013