Formiche rosse: una delle tante specie “trapiantate”. Carpe giganti, pesci leoni, formiche rosse sudamericane, afidi russi del grano: quanti animali “fuori posto” creano danni miliardari ovunque
Il governo americano ha calcolato che, tra il 1906 e il 1991, 79 specie non indigene – tra cui la falena gitana europea e il moscerino della frutta mediterraneo – hanno causato danni alla nazione per 97 miliardi di dollari, ossia circa un miliardo di dollari l’anno. Recentemente un rapporto redatto da un gruppo di ricercatori della Cornell University ha alzato la stima a ben 138 miliardi di dollari. Qualche esempio. La formica rossa sudamericana costa al solo Texas mezzo miliardo di dollari l’anno, danni compresi e costi di prevenzione e di controllo. Cinque miliardi di dollari all’anno se ne vanno per bonificare e controllare la dreissena, un mollusco europeo delle dimensioni di un’arachide, che tappezza il fondale dei Grandi Laghi e che adesso regna sovrano anche nel Mississippi, dove fa strage di plancton necessario alla sopravvivenza delle altre specie acquatiche. L’afide russo del grano costa agli americani 173 milioni di dollari l’anno. 10 milioni di dollari invece la lampreda di mare, anche lei, come la dreissena, arroccatasi nei Grandi Laghi. Malattie introdotte che colpiscono tappeti erbosi, giardini e prati da golf, 2 miliardi di dollari. Bivalvi che danneggiano le navi, 200 milioni di dollari. Controllo e ricerche sul serpente arboreo bruno di Guam che oggi infesta Honolulu e le Hawaii, sei milioni di dollari. La natura sta entrando in una nuova era – l’Homogecene, in cui la maggior minaccia alla diversità biologica non è più costituita da bulldozer e pesticidi, ma, in un certo senso, dalla natura stessa.
Scrive Alan Burdick in “Out of eden”, edito in Italia dalla torinese Codice : “Una strisciante omogeneizzazione ci minaccia e si consolida man mano che le specie introdotte si insinuano nella struttura darwiniana e gradualmente, quasi impercettibilmente, la soppiantano. gli invasori arrivano sotto forma di semi, spore, larve: ungulati a quattro zampe che si aggirano a piede libero. Essi arrivano dentro o sopra gabbie, nei container trasportati dai cargo e all’interno dell’acqua che le navi trasportano come zavorra per controbilanciare il peso del carico. I pesci si sono diffusi tramite l’apertura dei canali, le piante lungo le massicciate dei binari, le spugne sulla parte sommersa delle navi. Decine di migliaia di specie – la maggior parte delle quali appartenenti alla fauna, escludendo gli insetti – possono essere e sono legalmente importate via posta negli Stati Uniti”. Le carpe asiatiche giganti, introdotte negli Anni Settanta per contrastare la proliferazione delle alghe, saltano furtivamente sui pescherecci lungo il corso del Mississippi. E se pensate sia la solita bufala ambientalista, bèh, avete preso una cantonata colossale. E lo dimostra il fatto che Obama, nonostante la sconfitta in Massachusetts, in uno dei momenti più drammatici della sua presidenza, abbia convocato un vertice coi Governatori dei Grandi Laghi. L’invasione delle carpe giganti rischiava di devastare irreparabilmente l’industria della pesca e l’ecosistema della regione. E i genieri dell’esercito americano non sapevano più come arginarne la loro infestazione.
New York è multietnica anche nella flora e nella fauna. Qui davvero si trova di tutto. Adesso hanno scoperto di avere in casa persino lo scarabeo lungo-cornuto asiatico: addetti della protezione dell’ambiente lo stanno monitorando, dopo i disastri che ha causato nell’area di Brooklyn con conseguente abbattimento di un gran numero di aceri. Dopo i primi casi di infestazione a Central Park, i ricercatori stanno sperimentando l’uso di un macchinario simile a uno stetoscopio che permette di percepire il suono della masticazione delle larve di scarabeo all’interno delle piante. Nella Florida del sud, epicentro del commercio nazionale degli animali, l’addetto locale alla cattura degli animali è protagonista, ogni mattina, di avvicenti safari metropolitani a caccia ora di nandù, di puma, di leoni, e una volta persino di un bisonte sulla superstrada. Sul suo biglietto da visita, campeggia una foto in cui è ritratto con tre amici che srotolano un pitone indonesiano di sette metri la cui tana era sotto una casa e un asilo alla periferia di Miami.
Gli invasori sono un esercito: gli animali domestici fuggono, pesci d’acquario e piante di serra dilagano con conseguenze devastanti, gli insetti arrivano nascosti tra le foglie di piante in vaso esotiche. Lo xenopo liscio, un anfibio molto adattabile e onnivoro, venne importato a cavallo tra gli Anni Quaranta e Cinquanta per essere utilizzato come test di gravidanza – infatti quando vi viene iniettata l’urina di una donna incinta la rana inizia a produrre le sue uova, che è un chiaro segno rivelatore. Tuttavia, le abitudini riproduttive dell’anfibio non furono attentamente monitorate, e nel 1969 si scoprì che avevano creato un’enorme colonia selvatica in California voracissima predatrice di giovani trote.
Ma guai a pensare che il fenomeno sia circoscritto alla sola America. Chi naviga in rete non farà fatica ad approdare in siti come Global Invasive Species Database o Aliens, che a tutti i suoi abbonati mette a disposizione aggiornatissime newsletter sui corvi indiani a Zanzibar, sulle formiche argentine in Nuova Zelanda, sulla stella marina del Pacifico settentrionale in Tasmania. L’Australia, dopo le devastazioni terrestri di conigli, cani, gatti, cammelli e serpenti velenosi introdotti sul suo territorio, deve fare i conti con una nuova nemesi, il granchio verde europeo, un crostaceo predatore che sta mettendo in ginocchio la nascente industria nazionale dei molluschi e che è inoltre ospite di un plancton unicellulare tossico che, una volta ingerito dagli uomini che si sono nutriti di crostacei, provoca sgradevoli crisi respiratorie, in alcuni casi addirittura fatali.
L’Italia è in guerra col proliferare dello scoiattolo grigio americano che ha rimpiazzato quello rosso autoctono e col voracissimo pesce pilota che nelle acque del Po ha fatto tabula rasa degli altri pesci come il testa di serpente nei fiumi e nei laghi americani. Persino i fringuelli di Darwin sono a rischio. Recentemente uno staff di scienziati ha scoperto che i loro nidi nelle Galàpagos sono infestati dalle larve di una mosca parassita esotica. Di notte le larve emergono e, come dei vampiri, succhiano il sangue della nidiata, arrivando a uccidere un pulcino su sei. Qui in Colombia l’incubo è il pesce leone che ha invaso il Caribe Colombiano peggio di una pandilla, gettando tutti gli albergatori nel panico. Avvistamenti di banchi di pesce leone si segnalano su tutta la costa, da Cartagena alla Guajira. Io stesso, facendo snorkeling, vicino a Barù, ne ho visti tre fluttuare vicinissimi alla riva. In Cile, non molto lontano dall’Isla Grande de Chiloé, sull’Isola di Navarino e nella Tierra del Fuego, da anni è in atto un’invasione che ha messo in ginocchio l’industria locale di legname e l’ecosistema del territorio. Tutto ebbe inizio negli Anni 40, quando il governo militare argentino ebbe la sciagurata idea di importare 25 coppie di castori dal Canada e di trapiantarle nella Tierra del Fuego.
I militari speravano che i castori, moltiplicandosi, avrebbero garantito alla gente del posto una redditizia produzione di pellicce. I castori tennero fede alle aspettative, si moltiplicarono, anche perchè non trovarono sulla loro strada predatori naturali e parassiti che li contrastassero, ma il business dei berretti di castoro non decollò mai. Rimasero invenduti nei magazzini, a pile. I castori, no, si sono moltiplicati, e oggi se ne contano circa 250.000 e siccome credono sempre di doversi difendere da predatori che invece continuano a esistere solo nella loro immaginazione, insistono ad abbattere alberi e a costruire, coi tronchi, dighe a scopo difensivo. In ogni loro bacino, i tronchi utilizzati si contano a centinaia. Questo ha messo in ginocchio la comunità locale di boscaioli che, giorno dopo giorno, si è vista sottrarre dai castori il legname di qualità che è il suo mezzo di sussistenza. Oltre al danno economico, le dighe dei castori possono provocare inondazioni, allagare le strade, senza dimenticare il rischio della giardiasi; i castori potrebbero contaminare le risorse idriche e in questo caso diventare una minaccia concreta per la salute umana. Si ripete dunque, in un’altra parte del mondo, una storia che un po’ somiglia a quella dei conigli australiani. E tutto per 25 coppie di castori che qualche “genio” di generale argentino, un bel mattino ebbe la bella idea di importare dal Canadà….
La Stampa – 9 agosto 2012