Centralizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione. Costi standard per tutte le amministrazioni, comprese quelle territoriali. Razionalizzazione del patrimonio pubblico. E attuazione della riforma Pa. Sono queste le quattro coordinate su cui si sarà tracciata la rotta della “fase 3” della spending review per il 2017, che prenderà pian piano forma nei prossimi mesi.
Il punto di partenza restano le misure già varate per il 2016 con l’ultima legge di Stabilità. Che ruotano essenzialmente attorno a tre interventi: acquisti centralizzati con il primo ciclo di attuazione del nuovo dispositivo semplificato con sole 34 stazioni appaltanti, tagli ai ministeri e contenimento del flusso di risorse destinato alle regioni. La Stabilità uscita dal Parlamento produce (dopo il restyling operato da Camera e Senato), ai fini dell’indebitamento netto della Pa, una riduzione complessiva delle uscite nel 2016 inferiore agli 8 miliardi “al lordo” delle misure che hanno comportato nuove spese.
Il confronto finale tra maggiori e minori uscite innescate dalla manovra si chiude, sempre ai fini dell’indebitamento netto della Pa, con una maggiore spesa limitata a 1,7 miliardi nel 2016, che assume poi il segno “meno” nel 2017 e nel 2018 con minori spese totali rispettivamente per poco più di 2 miliardi e quasi 4,4 miliardi. Dei quasi 8 miliardi di riduzione della spesa per quest’anno, nella versione al “lordo”, non meno di 5 miliardi sono riconducibili direttamente al piano di spending review. E in questo caso un contributo decisivo arriva dai ministeri. Che, nel testo della Stabilità uscito dal Parlamento, hanno subito un giro di vite di oltre 3,5 miliardi tra spesa corrente e spesa in conto capitale (1,440 miliardi).
Per effetto degli interventi sulle varie tabelle della Stabilità e sui diversi fondi dai quali attinge il Governo per misure varie il dicastero più colpito risulta quello dell’Economia (taglio di oltre 2,3 miliardi nel 2016 su uscite correnti e in conto capitale), seguito da quello dell’Istruzione e ricerca (-318 milioni nel complesso)e della Difesa (-219 milioni). Proprio alla Difesa però andata una fetta delle risorse del pacchetto sicurezza-cultura da 2 miliardi inserito in extremis dal Governo nella manovra, con la contestuale rinuncia dell’anticipo al 2016 del taglio dell’Ires, facendo leva sulla flessibilità del deficit su cui Bruxelles si pronuncerà definitivamente in primavera.
Un altro dei cardini del capitolo della riduzione della spesa contenuto nella legge di Stabilità 2016 è il rafforzamento del meccanismo di centralizzazione degli acquisti Pa, imperniato sul metodo Consip. Un meccanismo attivato con il piano sulla riduzione a sole 34 stazioni appaltanti che è seguito passo dopo passo dal commissario alla spending, Yoram Gutgeld. Per il momento l’ultima Stabilità fa scattare un intervento strutturale che dovrà garantire da questo versante una minor spesa complessiva di 216,4 milioni nel 2016, 103,4 milioni dei quali arriveranno dai ministeri. Ma la manovra approvata dal Parlamento prevede già che su questo terreno i risparmi salgano per ciascuno degli anni 2017 e 2018 a quota 697,3 milioni.
Il Governo confida molto sui risultati per gli anni a venire dal meccanismo di centralizzazione degli acquisti. Con il nuovo sistema semplificato di 34 centrali di acquisto in 4-5 cinque anni l’asticella “dell’intermediato” per le forniture della Pa (da cui si generano i risparmi veri e propri) si potrebbe posizionare attorno ai 30 miliardi. E circa la metà di questa operazione verrebbe garantita direttamente da Consip. Tra gli obiettivi della società controllata dal Mef, che ha come Ad Luigi Marroni, c’è del resto quello di far salire nel triennio 2016-2018 “l’intermediato” realizzato con i suoi strumenti (gare, mercato elettronico e via dicendo) dagli attuali 6,5 miliardi a 10-12 miliardi. Questo traguardo potrebbe essere tagliato facendo rapidamente salire la quota di spesa per acquisti di beni e servizi presidiata da Consip almeno a circa 50 miliardi rispetto ai circa 40 miliardi aggrediti fino ad oggi.
La “fase 3” della spending farà leva anche su un’ulteriore estensione del sistema dei costi standard a tutta la Pa. Il ministero dell’Economia sta incalzando continuamente i Comuni affinché venga aggiornata rapidamente la mappa sui flussi di spesa per rendere vincolante il sistema dei costi standard. Che è destinato ad essere esteso anche a tutte le Regioni. Altri risparmi arriveranno dall’attuazione ormai imminente della riforma della Pa targata Madia, soprattutto per quel che riguarda la potatura degli enti considerati inutili e la riorganizzazione degli uffici territoriali e delle sedi periferiche del Governo. La dote legata ai minori costi attesi dal riordino delle partecipate resterà invece a disposizione dei Comuni. Che come tutte le amministrazioni dello Stato dovranno concorrere al nuovo piano di razionalizzazione degli immobili pubblici.
Marco Rogari – Il Sole 24 Ore – 3 gennaio 2016