La Stampa. Il grido d’allarme parte dalle stalle e arriva fino allo scaffale. Con la grande distribuzione che sta lentamente esaurendo le munizioni per assorbire i rincari senza scaricarli sui consumatori. E così, nel giro di un paio di settimane, il prezzo del latte fresco sullo scaffale ha registrato aumenti nell’ordine dei 30 centesimi al litro. Una corsa che parte dai prezzi all’ingrosso dove la materia prima è passata in sei mesi da 36 centesimi di euro a quota 60: un rally che si scarica a valle sull’intera industria Lattiero-casearia, un comparto che vale 16,7 miliardi di euro e che quest’anno – al netto di ulteriori aumenti – dovrà far fronte a costi di produzione più alti per almeno due miliardi di euro.
«L’escalation è iniziata a settembre dello scorso anno e non si è ancora fermata. Colpisce gli allevatori, gli industriali e sta per arrivare sui consumatori» spiegano da Assolatte sottolineando come «il prezzo del burro è già raddoppiato. Raramente viene considerato, ma il costo è cresciuto del 100%. L’aumento medio dei prodotti, però, sarà nell’ordine del 10%». Con un impatto più forte, ancora una volta, sulla fascia della popolazione a minore reddito. Quella che acquista i prodotti in offerta per far quadrare il bilancio famigliare e che vedrà lievitare il prezzo del latte anche al discount.
E se Assolatte teme che diverse aziende agricole possano alzare bandiera bianca entro la fine dell’anno, Coldiretti è convinta che un allevamento su dieci sia in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività. A causa, soprattutto, dell’aumento medio del 56% dei costi correnti di produzione che non vengono coperti dai ricavi.
«Siamo in una situazione surreale» dice Angelo Mastrolia, presidente della Centrale del Latte d’Italia – nata dalla fusione tra la Centrale di Torino e quella di Firenze – spiegando come a innescare la miccia dei rialzi siano i prezzi dell’energia: «Di certo non aiutano gli annunci di sanzioni nei confronti della Russia che entreranno in vigore tra diversi mesi. Lo scatto di gas e petrolio è immediato. Il costo dell’energia per produrre il latte è aumentato di sette volte». Una condizione condivisa con il mondo della pasta dove il prezzo dell’energia è salito da 2,5 a 15 centesimi al chilogrammo. Mastrolia non vuole lanciare allarmi, ma non nasconde la preoccupazione sia per il rischio di scarsità della materia prima sia per eventuali aumenti: «Ad aprile il prezzo è cresciuto del 10%. È il rincaro più alto nella storia e come se non bastasse lo registriamo nel mese che dovrebbe registrare le quotazioni più basse dell’anno».
A incidere sul prezzo è soprattutto l’aumento del costo dei foraggi: «Da settembre, con l’impennata dell’energia, una parte della produzione mondiale di mais è stata destinata a bioetanolo. Ma in questo modo i suoi prezzi sono saliti e con loro i costi del mangime» spiega Angelo Galeati, uno dei due amministratori delegati del Gruppo Sabelli. Una trappola alla quale si aggiunge la scelta dei produttori tedeschi di vendere – a prezzi più alti – latte in polvere alla Cina: «Una politica che ha ridotto sul mercato la disponibilità di latte destinato alla trasformazione. Con l’effetto di far salire ancora le quotazioni». Uno stallo dal quale è difficile trovare una via d’uscita con i produttori più restii a investire nell’allevamento di vacche da latte. Secondo il manager la situazione potrebbe peggiorare nelle prossime settimane quando «la produzione di latte calerà per questioni fisiologiche con il caldo e contestualmente aumenterà la domanda per la produzione di formaggi freschi come la mozzarella».
Una scure che inevitabilmente si abbatterà sul carrello della spesa e che rischia di mordere a lungo i consumi. Secondo S&P, l’aumento dei prezzi e la diminuzione delle forniture dureranno fino al 2024 e forse anche oltre: lo choc dei prezzi alimentari inciderà sulla crescita del Pil, sulla performance fiscale e sulla stabilità sociale, avverte l’agenzia di rating. —