La questione sembrava dimenticata. Accantonata. Nonostante solo pochi mesi fa, a luglio, la Corte Costituzionale aveva detto che non avrebbe tollerato «l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa».Ma sul Tfs, il trattamento di fine servizio degli statali, qualcosa inizia a muoversi. I fatti sono ormai abbastanza noti. I dipendenti pubblici ricevono la loro liquidazione in ritardo e a rate.
Una dilazione di pagamento, senza interessi, che può costringere gli statali ad attese lunghe anche cinque anni. Ieri, un po’ a sorpresa, è stata calendarizzata, ed è iniziata la discussione, di una proposta di legge a prima firma di Antonio Colucci, un deputato del Movimento Cinque Stelle della Commissione Lavoro della Camera. Ancora più significativo, è che ad illustrare la proposta sia stato il Presidente della Commissione, Walter Rizzetto, di Fratelli d’Italia, che ha espresso anche qualche apprezzamento per la proposta. Ma cosa dice esattamente il progetto di legge? Il punto centrale è che la liquidazione della prima rata del Trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici, non dovrebbe arrivare come oggi dopo 12 mesi dal pensionamento, ma dopo “soli” tre mesi.
Non saranno i 45 giorni che passano in media nel privato per ottenere i soldi, ma è un passo avanti.
La proposta poi, lascia inalterato anche il pagamento rateale della liquidazione. Ma ne cambia le soglie. Oggi la prima rata del Tfs può essere al massimo di 50 mila euro. Per gli importi tra 50 mila 100 mila euro, bisogna attendere 24 mesi. Che diventano 36 mesi per la quota oltre i 100 mila euro. La proposta di legge invece, rivaluta queste soglie in base all’inflazione accumulata da quando la norma è entrata in vigore. La prima rata passerebbe dunque, da 50 mila a 63.600 euro, mentre la soglia dei 100 mila euro sarebbe rivista a 127.200 euro. La domanda, a questo punto, è se il governo avallerà questa impostazione. Ieri in Commissione non c’erano rappresentanti dell’esecutivo, ma l’intenzione sarebbe per adesso di lasciare che il provvedimento segua il suo iter. Il primo a doversi pronunciare sarà il ministero dell’Economia, che dovrà quantificare le risorse necessarie a introdurre questo “allargamento” delle maglie.
Nell’udienza della Corte Costituzionale, l’Inps aveva spiegato che pagare subito il Tfs a tutti gli statali avrebbe avuto un costo per le casse dello Stato di quasi 14 miliardi di euro e per questo aveva chiesto di dichiarare legittimo il differimento del pagamento. In realtà la Corte ha “salvato” il governo dichiarando «inammissibile» il ricorso, ma non ha mancato di censurare comunque come incostituzionale il pagamento con anni di ritardo, e a rate, della liquidazione degli statali, chiedendo di intervenire “radipamente” per mettere fine a questa palese ingiustizia. Ma a sette mesi dal pronunciamento nulla è accaduto. Tanto che Confsal-Unsa, il sindacato che aveva portato in Corte Costituzionale la questione del Tfs, ha mandato una formale diffida sia a Palazzo Chigi, che ai presidenti della Camera e del Senato, per chiedergli di adempiere alla sentenza della Consulta.
IL PASSAGGIO
Così ieri, per la prima volta da sette mesi a questa parte, qualcosa si è mosso. Oggi l’unica strada che hanno i dipendenti pubblici di poter monetizzare in tempi rapidi il proprio Tfs, è rivolgersi alle banche o all’Inps per chiedere un prestito garantito dalla liquidazione. L’Istituto di previdenza sociale concede l’aiuto ad un tasso “calmierato” dell’1 per cento. L’Abi, invece, ha firmato un protocollo d’intesa con il governo, per concedere un prestito ad un tasso prestabilito pari al Rendistato maggiorato di uno spread dello 0,4 per cento.L’ultimo dato generale del Rendistato pubblicato dalla Baca d’Italia era di circa il 3,5 per cento, il che significa che l’anticipo del Tfs in banca oggi ha un costo del 3,9 per cento. Ma nella loro sentenza, i giudici Costituzionali hanno voluto sottolineare come questo meccanismo di prestiti non risolva in alcun modo la questione del ritardato pagamento. L’unico modo infatti che hanno i dipendenti di ottenere subito i soldi della loro liquidazione, è chiedere un prestito oneroso. Quasi un paradosso, poi, che a effettuare il prestito sia anche l’Inps, se si considera che il Tfs non è altro che «retribuzione differita» del lavoratore dovuta a quest’ultimo dallo stesso Istituto.