di Roberto Turno. Matteo Renzi gli ha promesso una spuntatina allo stipendio: «Se il manager dell’asl non va in autoblu e invece di 300mila euro si ferma a 200mila, campa bene lo stesso». Ma loro, i manager, non ci stanno: abbiamo un tetto massimo per legge di 154mila euro lordi e in media ne guadagniamo 135mila (ma premi esclusi), ribattono. E attaccano: «Avranno solo yes man della politica, altroché manager proprio quando la sanità rischia di andare a rotoli». Ammesso che della politica non siano tutti figli, alzano (cautamente) la voce. Peccato che sui siti aziendali ben più del 30% di loro non pubblica il proprio stipendio. Come dovrebbero fare per legge: questione di trasparenza. La spending sta aprendo nuovi fronti per il Governo. Forse tutti previsti, forse controllabili vista la popolarità dell’argomento messo all’indice dal premier tra chi, i più, guadagna molto meno e subisce di più i colpi della crisi. Leggi anche il Sivemp proclama lo stato di agitazione
Un fronte che, tra l’altro, tocca anche i medici e tutti i dirigenti sanitari. Che ieri – preoccupati di finire sotto la scure dei tagli ai dirigenti pubblici – hanno fatto sapere col primo sindacato di categoria, l’Anaao, di essere pronti a 3 giorni di sciopero per maggio.
Due categorie, manager e medici, che storicamente non si amano: i primi depositari dei conti e di bilanci che non tornano; i secondi custodi della scienza e ormai dei posti-barella nei pronto soccorso anziché dei posti-letto in corsia.
Ma quanto guadagnano i manager? Se è vero che la media è delle busta paga è intorno ai 135mila euro, è anche vero che di questa somma non fanno parte i premi di risultato (+20%), quando vengono concessi e sempreché risultato ci sia stato. Stipendi – lamentano – fermi da 10 anni, con meno tutele previdenziali e contratti a termine, non come la dirigenza pubblica. Fatto sta che i più fortunati arrivano a quasi 190mila euro lordi. Con minimi intorno ai 110mila euro al Sud, e al top nelle regioni con i conti in regola, ma anche nel Lazio adesso.
Conoscere i loro stipendi è però come arrampicarsi sugli specchi. In nome della trasparenza dovrebbero per legge pubblicare la retribuzioni sui siti aziendali. Ma a luglio il 44% non lo faceva , a dicembre forse il 40%, oggi ancora almeno il 35% continua a fare scena muta. Trasparenza fallita a metà.
Ora però dovranno fare i conti con un premier che va di corsa. E i “sindaci” scendono in campo. «La volontà di reclutare manager capaci si scontra con la difficoltà di poterli davvero attrarre nel Ssn», afferma Enzo Chilelli (Federsanità Anci). «Con i tagli delle retribuzioni alla guida della asl resteranno solo pensionati e yes man della politica, altro che manager», afferma Valerio Alberti (Fiaso). Che snocciola altri dati: al netto guadagniamo 5 volte (anziché 10 come si pensa di fare per il top management) lo stipendio minimo di un nostro dipendente. Di più: gestiamo aziende con un fatturato medio di 800 milioni mentre nel privato un manager di un’azienda con 100 milioni di fatturato ha uno stipendio da 222mila euro. E poi: un medico capo di dipartimento percepisce fino a 20mila euro più di noi. Un medico, appunto, vecchie rivalità… (Il Sole 24 Ore)
Sui presunti tagli agli stipendi dei medici interviene il ministro Beatrice Lorenzin: “I medici non saranno toccati. Loro fanno i medici non i manager. I tagli riguarderanno solo i direttori generali, sanitari e amministrativi della sanità”. Per Lorenzin si tratta quindi di un equivoco: “I medici sono dirigenti professionali del Ssn, non sono manager e nel Governo nessuno pensa ai medici quando si parla di riduzione degli stipendi dei manager della PA”. (fonte: Quotidiano sanità)
Sanità. Addio ricette, saranno online
Il peso della spesa sanitaria in rapporto al Prodotto interno lordo scenderà: dal 7% del 2014 al 6,8% nel 2018. Secondo le stime contenute nel Def, il Documento di economia e finanza, ciò avverrà perché la spesa per la sanità, pur aumentando a un tasso medio annuo del 2,1%, salirà meno del P il nominale, previsto al 3%. Tradotto in euro, si passerà dai 111,4 miliardi previsti per quest’anno ai 121,3 miliardi del 2018. Al contenimento della spesa concorreranno il blocco dei contratti, il taglio della farmaceutica e le misure di spending review. Per il 2014 è prevista «l’estensione a tutto il territorio nazionale delle attività di dematerializzazione delle ricette mediche cartacee, avviata già in alcune Regioni». Le ricette online consentiranno «il potenziamento dei controlli delle prescrizioni mediche » e conseguenti risparmi. Non ci saranno tagli lineari, assicura il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin. Servirà però, aggiunge, «un’operazione veramente chirurgica per stabilire interventi di recupero che non devono cadere sui servizi ai cittadini e non si devono tradurre in mero taglio di offerta dei servizi ospedalieri o meno offerta di farmaci», aggiunge il ministro, che entro maggio dovrà trovare l’accordo con le Regioni sul nuovo Patto per la salute, dal quale dovrebbero venire risparmi per circa un miliardo nel 2014: «O ci impegniamo a recuperare questi risparmi o non siamo credibili». Nel Documento ci sarà «una particolare attenzione agli elementi di spreco, nell’ambito del cosiddetto “Patto per la salute” con gli enti territoriali, e tramite l’assunzione di misure contro le spese che eccedono significativamente i costi standard».
Contro le misure sono pronti a mobilitarsi la Federazione di Asl e ospedali (FiaSo) e i sindacati di medici e dirigenti (Anaao-Assomed) contrari al tetto di 239 mila euro per i direttori delle aziende sanitarie e al blocco. (Corriere della Sera)
10 aprile 2014