Dopo le pesanti critiche, è arrivata la ricusazione dello studio “Seralinì”. Ma le autorità di vigilanza avrebbero adottato standard diversi. Favorendo l’industria sementiera
Il dibattito a dire il vero già abbastanza infuocato, sta assistendo ad una vera e propria escalation. Ricordiamo gli ultimi passaggi. Recente è stata laritrattazione dell’articolo “Seralinì”, pubblicato a settembre 2012 : studio bomba contro gli OGM, che segnalava elevata incidenza di cancro nei ratti. Tale è mossa, da parte dell’Editor del Food and Chemical Journal, è avvenuta con unalettera disponibile on line. Ma questa ricusazione era stata propiziata da accuse non certo leggere al fronte dei ricercatori anti-OGM (con però, evidenti conflitti di interesse degli autori rispetto alle biotecnologie e a precisi player economici).
Ora, un nuovissimo paper getta nuove ombre su industrie e agenzie regolatorie. Accusate le prime di fornire studi di tossicologia animale con standard tutto sommato abbastanza bassi, e non certo migliori di quelli adottati dal ricercatore anti-OGM Eric-Gilles Seralinì. Le seconde, di chiudere un occhio su queste ricerche a volte lacunose, favorendo un veloce iter di approvazione di sementi GM, destinate ad entrare così sul mercato europeo.
Doppi standard di rigore scientifico
Lo studio, pubblicato su Enviromental Sciences Europe (“Rat Feeding studies with genetically modified maize- a comparative evaluation of applied methods and risk assessment standards”) è peraltro su molti aspetti in linea con la risposta che Searlinì ed il suo gruppo di ricerca avevano avanzato rispetto alle critiche. E riguarda proprio lo studio di alimentazione a 2 anni condotto dall’equipe del francese, messo a confronto con il precedente studio analogo della Monsanto (e con un terzo studio, con i dati Monsanto come pubblicati da Hammond et al nel 2004).
Sebbene infatti gli autori (Hartmut Mayer e Angelika Hilbeck)dichiarino che lo scopo del paper non è di valutare nel dettaglio la bontà statistica dello studio, rilevano le differenze di trattamento che sono state riservate accogliendo i dati di Seralinì o invece quelli della Monsanto. E chi avrebbe adottato un approccio così diverso? Niente meno che EFSA – l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare-. I ricercatori ,che fanno riferimento alla Rete Europea dei Ricercatori per la Responsabilità Sociale ed Ambientale (ENSSER, European Network of Scientists for Social and Environmental Responsability) e all’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia- non dichiarano nessun conflitto di interesse, e stante l’affiliazione, questo aspetto non è certo secondario nel capire chi abbia più voce in capitolo (le critiche agli studi critici sugli OGM, per contro, erano di parte, e al 75% provenienti non da tossicologi, ma da biologi vegetali…insomma persone con un qualche interesse e non sempre con la dovuta competenza). ENSSER aveva da poco pubblicato una lettera in cui si dissociava dalla ricusazione dello studio di Seralinì, giudicando eccessiva e immorale tale azione.
“Obiettivi dello studio”
Il primo criterio di valutazione negativa di EFSA sullo studio di Seralinì ha riguardato la declaratoria degli obiettivi dello studio. “Gli obiettivi dello studio non sono chiari”, aveva scritto l’Authority. Affermando però al contempo che “ se si seguono specifiche linee guida, gli obiettivi sono implicitamente definiti da tali linee guida”. Ora, le linee guida seguite sia da Seralinì che dalla Monsanto nel suo studio originale, sono le “OCSE 408” sulla tossicità. Ma Seralinì le avrebbe combinate con quelle OCSE 453 (tossicità cronica combinata- cancerogenicità). Ampliandone lo scopo (quindi addirittura migliorandole).
“Disegno sperimentale”
Sia Seralinì che Monsanto (anche nella revisione dello studio fatta da Hammond et al.) hanno adottato una certa libertà nel condurre gli studi, sia riguardo al numero di ratti (10 per gruppo e 20 per gruppo, rispettivamente) che nel scegliere i ratti –entro i gruppi- da sottoporre alle analisi. Entrambi quindi si sarebbero presi dei margini di manovra in tal senso.
Altro punto caldo, la razza dei ratti usata. Sebbene infatti EFSA abbia criticato Seralinì per la scelta dei ratti Sprague Dawley, anche Monsanto li avrebbe usati, senza incorrere nelle critiche dell’Authority. Contrariamente a quanto diffuso dai media, che hanno cercato di screditarne l’uso come inaffidabile, i ratti di questa razza sono usati di routine negli esperimenti laboratoriali e farmaceutici, proprio per la sensibilità a sviluppare tumori. Il che li rende particolarmente adatti proprio a evidenziare effetti avversi. L’unico accorgimento che OCSE nelle sue linee guida suggerisce? Quello di avere un numero sufficientemente alto di ratti per ogni gruppo (65 per sesso, 25 per la FDA americana).
Le critiche di EFSA su numero di ratti e razza anche in questo caso sembrano colpire solo Seralinì, quando trovano applicazione anche rispetto a Monsanto.
Preparazione del pasto e comparabilità delle diete
Stando alle critiche di EFSA, “la adeguatezza e confrontabilità delle diete non può essere considerata in quando la composizione delle razioni non è fornita”. E’ vero che né Seralinì né Hammond hanno presentato dati dettagliati sulla composizione delle razioni destinate ai ratti (Monsanto sarebbe stata più precisa). Ma il solo rigetto dello studio di Seralinì costituirebbe, stando al paper, un doppio standard di valutazione non giustificato.
Una altra critica maggiore sarebbe che i ratti sono stati nutriti senza considerare quanto effettivamente hanno mangiato delle razioni. Tale critica, che sembra colpire in particolare lo studio di Seralinì e Hammond, si estende però presto anche a Monsanto. Che infatti non è stata in grado di garantire la quantità di esposizione alla proteina CP4EPSPS (non nota), che è indicativa della modifica genica. Anche in questo caso, un doppio standard di valutazione non giustificato, se si condanna solo lo studio di Seralinì.
Pubblicazione dei risultati
Qui effettivamente sembra che lo studio di Seralinì abbia pubblicato dati deviando dalle prassi diffuse. Se è vero che un paper pubblicato su una rivista non può arrivare alle 1180 pagine come rese note da Monsanto per i propri studi, questa sembrerebbe effettivamente una debolezza di Seralinì. Che ha pubblicato aspetti molto dettagliati di alcuni indicatori biologici senza però fornire medie e deviazioni standard dei parametri misurati.
Conclusioni
Sebbene a tutti gli effetti alcuni criteri di studio siano più precisi nelle relazioni tecniche di Monsanto, in accompagnamento ai dossier di valutazione per OGM da far approvare, in linea di massima sembra che EFSA abbia adottato standard diversi su carenze metodologiche simili tra i 3 studi menzionati. L’adozione di tali diversi standard di valutazione non sembra fondata. Osservando anche gli studi a lungo termine sui ratti (e relativa somministrazione di mangimi)- e con 21 selezionati- nessuno di essi sembra poi soddisfare le richieste esplicite di EFSA (7 in particolare). Solo un criterio sembra essere garantito da tutti, ovvero la pubblicazione dei risultati con le medie e le deviazioni standard. Anche gli studi di Monsanto presenterebbero infatti lacune in tutto simili a quelle imputate a Seralinì (tipo di ratti, accorgimenti per limitare i fattori di distorsione, condizioni di conservazione dei mangimi, quantità effettivamente somministrate ai ratti, campionatura).
Sicurezza Alimentare Coldiretti – 10 dicembre 2013