Una riduzione dell’1% dell’inefficienza della pubblica amministrazione potrebbe spingere una crescita del Pil dello 0,9% e dell’occupazione dello 0,2%. È il calcolo di uno studio di Confindustria sulla burocrazia, in cui si invita a sciogliere i nodi di questo male italiano per favorire la crescita del Paese. «Si può risparmiare fino a 1 miliardo tagliando i costi della Camera» si legge ancora nell’analisi.
«TAGLIARE I COSTI DELLA POLITICA» – «Una seria riforma della burocrazia – è scritto nello studio – non può che partire dalla testa che impartisce le direttive alla stessa pubblica amministrazione, ossia deve cominciare con l’abbattimento dei costi della politica. I parlamentari italiani sono, in base alla dimensione dell’indennità in rapporto al PIL pro-capite, di gran lunga i più pagati d’Europa; ciò fa pensare che molto più facilmente si è portati a far politica per la carriera e l’arricchimento personale, più che per il bene comune».
I DATI – Nel 2012 lo stipendio da deputato in Italia – riporta la ricerca – era pari a 4,7 volte il Pil pro-capite, contro l’1,8 del Regno Unito. Contando anche i rimborsi spese (con e senza documentazione), i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali e le spese di trasporto tale rapporto sale al 9,8 per il deputato italiano e al 6,6 per quello inglese. I costi della politica , intesa come organi legislativi ed elettivi – indica lo studio – hanno toccato complessivamente i 2,5 miliardi di euro nel 2012. «Si può risparmiare fino a 1 miliardo riducendo del 30% l’indennità dei parlamentari, ridimensionandone il numero, riformando le loro pensioni e abolendo i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali e le spese di trasporto ma mantenendo la diaria (rimborso spese per l’esercizio del mandato parlamentare), oppure eliminandola e introducendo un tetto massimo alle spese rimborsabili» spiega lo studio.
LA SPESA – «I costi della politica – prosegue il centro studi di Confindustria – ovviamente non si esauriscono con la remunerazione dei rappresentanti parlamentari e con il costo di funzionamento delle due Camere, ma ricomprendono anche tutte le altre istituzioni elettive (Comuni, Regioni, dando per abolite le Province) nonché quelle attività improprie svolte da una moltitudine di società partecipate dalla pubblica amministrazione (sono più di 7.700 e costano, in termini di ripiano delle perdite, circa 22 miliardi). E i cerchi del vivere di politica (anziché per la politica) si ampliano ulteriormente se si includono consulenze e assunzioni clientelari che pesano sui bilanci delle società pubbliche».
Corriere.it – 16 febbraio 2014