Sud in campo per il made in Italy. Moncalvo: «Pene più severe per chi commette frodi alimentari»
Il ministro Martina: «Grazie ai risultati ottenuti alle europee potremo proporre come prioritario a Bruxelles il dossier agroalimentare». Dopo la mega assemblea di una settimana fa a Milano, Coldiretti ieri ha chiamato alla adunata, a Napoli, oltre diecimila agricoltori meridionali. Un appello a cui hanno risposto in massa numerosissime delegazioni, mosse dalla volontà di rappresentare un Meridione che vuole difendere le proprie produzioni agricole e le proprie tipicità in Italia e in Europa: pasta, pomodoro, olio, vino, mozzarella di bufala, agrumi e molte altre produzioni, che sono tra le più apprezzate, ma anche tra le più imitate, talvolta denunciate o anche calunniate.
Sulla difesa del made in Italy il presidente Roberto Moncalvo, ha ancora incalzato il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina. Entrambi consapevoli che rispetto a una settimana fa qualcosa è cambiato: «Grazie anche ai risultati ottenuti dal Pd alle elezioni di domenica scorsa – ha detto Martina – potremo proporre come prioritario in Europa il dossier agroalimentare. Inoltre, l’intesa raggiunta martedì sera con le Regioni sulla Pac va in questa direzione». Un accordo su cui anche Coldiretti registra un importante risultato: «C’è attenzione alle vere imprese – ha precisato – mentre si dà un colpo alle rendite».
Registrate le premesse per un’azione incisiva, Coldiretti accende i riflettori su quelli che chiama “furti di valore”. «Il primo – per Moncalvo – viene perpetrato quando la materia prima viene pagata poco». Si calcola che per un euro di spesa del consumatore solo 0,5 centesimi vadano all’agricoltore se il prodotto è trasformato e 0,22 se non lo è. Il secondo invece è un furto di identità. Le leggi italiane ed europee consentono – per Coldiretti – che venga definito made in Italy un prodotto che non ha nulla di italiano. Si calcola che il falso made in Italy diffuso nel mondo produca un fatturato di oltre 60 milioni. E oltre un terzo dei prodotti venduti anche in Italia ha il made in Italy solo sulla etichetta. Analoghe norme consentono, come il recente accordo tra Ue e Marocco, una liberalizzazione incontrollata che danneggerà gli agrumicoltori meridionali.
Da qui le proposte dell’organizzazione di categoria: pene più severe per chi commette frodi alimentari, fino alla chiusura dello stabilimento per anni (come vorrebbe il 68% degli intervistati secondo il sondaggio Ixè); un sistema di incentivazione riservato all’industria che si impegni ad acquistare solo prodotti del territorio, e a non importare dall’estero. E ancora, abolizione del segreto di Stato sui flussi dall’estero. Fino a una stretta sulla tracciabilità (totale a esempio per la mozzarella di bufala già prevista dal decreto Campo libero) ma accompagnata dallo snellimento della burocrazia.
Tracciabilità e trasparenza, gli obiettivi dell’Osservatorio sulle agromafie guidato dal procuratore Gian Carlo Caselli. Tracciabilità Coldiretti invoca per l’olio che non sia contraffatto con miscele deodorate, per il pomodoro che sia immune dalle sofisticazioni cinesi. Denuncia i prodotti più contaminati che è possibile trovare sulle nostre tavole come il peperoncino del Vietnam, la melagrana della Turchia o le a r a nce del l ’ Uruguay. Coldiretti denuncia anche le devastazioni del territorio con cemento e rifiuti. «Dobbiamo chiedere scusa agli agricoltori della cosidetta Terra dei fuochi – aggiunge il presidente di Federconsumatori, Rosario Trefiletti – e chiedere la galera per i responsabili». Di “Terra dei fuochi” parla anche il governatore della Regione Campania, Stefano Caldoro, il quale annuncia un fondo di 50 milioni per sostenere le produzioni colpite nell’immagine.
Ma i l maxi raduno di Coldiretti a Napoli diventa anche occasione per mostrare modelli di successo. Come ” Campagna Amica” di Coldiretti, che coinvolge 28mila produttori e oltre mille mercati, che deve il suo successo a qualità, tracciabilità e filiera breve. Un sistema che va arricchendosi di accordi con la parte industriale, come quello con Barilla (presente a Napoli Paolo Barilla vicepresidente della multinazionale) per l’utilizzo di grano aureo; e con la grande distribuzione rappresentata da Iper (con il dg Stefano Albertazzi). Modelli virtuosi, anche quelli citati dal presidente della Regione Puglia Nichi Vendola che ha parlato del marchio di qualità regionale utilizzato a esempio per la pasta e per il vino.
Il Sole 24 Ore – 29 maggio 2014