Se lo ricordano tutti Carlo Verdone che in una scena memorabile affliggeva la moglie intimandole come e dove fare la spesa per risparmiare il più possibile. Ecco, con la spending review è un pò la stessa cosa. Solo che al posto del marito nevrotico c’è lo Stato che indica alla Pa qual’è il prezzo giusto per l’acquisto di beni e servizi. La stella polare sono i prezzi benchmark pagati dalla Consip quando firma i contratti con i fornitori.
E guai a sgarrare perché il ministero dell’ Economia promette di accorgersene visto che un paio di giorni fa, quanto ha diffuso l’elenco dei prodotti con le relative valutazioni, ha avvertito che «l’identificazione delle “caratteristiche essenziali” impedirà che lievi variazioni delle caratteristiche del bene possano essere prese a giu stificazione per acquisti fuori convenzione a prezzi più elevati, garantendo così il raggiungimento dell’obiettivo di razionalizzazione della spesa pubblica».
I CONSIGLI Come a dire, non provate a pagare un prezzo fuori mercato: quello di cui avete bisogno per far funzionare la macchina lo sappiamo benissimo, è fatto in questo modo e al massimo costa questa cifra. Un bel giro di vite, non c’è che dire, nella speranza di ridurre pesantemente i flussi di cassa in uscita. Obiettivo: 7,2 miliardi di risparmi nel 2015. E pazienza se qualcuno sorriderà visto che nelle 126 pagine da far girare la testa messe a punto da Via XX Settembre, ad esempio, c’è la descrizione minuziosa di 800 prodotti alimentari. Più o meno come Verdone, appunto, che consigliava alla consorte di rifornirsi di prosciutto dal fidato Gino evitando l’esoso Michele. Dalle carte si scopre che i buoni pasto per i 3,3 milioni di dipendenti pubblici non dovrebbero superare i 6 euro per ciascun ticket. E che comprandoli in economia di scala gli uffici dovrebbero trattare condizioni di sconto variabili tra il 16 e il 17%.
Il capitolo dei rifornimenti mensa è denso. Ci sono almeno 20 prodotti di largo consumo. Ma l’occhio cade sui 2,84 euro di prezzo consigliato per l’acquisto di una porzione di pollo. Molto più costoso il girello di classe A da 8,36 euro, mentre il livello giusto della scatola di pomodori pelati risulta essere di 0,6 euro. In tema di sanità la faccenda diventa molto più seria visto che in ballo ci sono macchinati costosi e delicati. Un apparecchio per la mammografia “full risk” non dovrebbe superare i 70 mila euro, mentre la macchina per il controllo della glicemia deve garantire una singola prestazione in 5 secondi, al costo di 39 euro. Il Kit per l’angiografia vale circa 300 mila euro. Nel reparto cancelleria, mai superare i 3 mila euro per una fotocopiatrice. Ma è buona solo se fa 35 copie al minuto.
E Internet? E’ agevole garantire la connessione a 100 statali con tanto di Voip. Però il contratto consigliato da Consip deve restare dentro il perimetro dei 3.952 euro. Non c’è nulla che sfugga alla lente d’ingrandimento del ministero dell’Economia. E le auto di servizio non fanno eccezione. Nuove, usate, in leasing: c’è un prezzo per ogni soluzione. Una city car con 50 mila chilometri macinati non può sfondare il tetto dei 6.900 euro e se ci si vuole allargare ad una 4×4 (30 mila chilometri) è necessario non sfondare quota 18 mila. E le pulizie? Tenere in ordine i ministeri è un costo non da poco. Ma con 12,4 euro di costo unitario (con dentro detersivi, spazzole, aspirapolveri e ore lavorate) si può far splendere gli uffici.
Michele Di Branco – Il Messaggero – 28 settembre 2014