Le indennità sono alte ma l’istituito zooprofilattico “Caporale” deve pagarle lo stesso. E’ l’effetto prodotto dalla sentenza del tribunale di Teramo che condanna l’Izs a versare circa 600mila euro ai cinque componenti dell’ex consiglio di amministrazione. La somma è dovuta, secondo il giudice, per il triennio in cui l’organismo è rimasto in carica prima che entrasse definitivamente in vigore la legge regionale di riordino dell’istituto. La sentenza ha per il momento dato ragione ai ricorrenti condannando l’Izs a pagare, in favore di ciascuno, quale compenso di membro del cda fino al 21 ottobre del 2015, la somma di 118 mila e 687 euro, oltre agli interessi e alle spese di lite. Ma l’Istituto ricorre in Appello
Il compenso, corrispondente a circa 40mila euro annui per ciascun consigliere, era stato indicato nello statuto adottato dallo stesso cda, in applicazione della normativa nazionale di riorganizzazione degli Izs, subito dopo il suo insediamento nel 2012, ed era commisurato al 30% dello stipendio del direttore generale.
Una scelta avallata dall’allora governatore Gianni Chiodi, che in qualità di commissario ad acta per la sanità aveva validato l’atto, ma contestata dal ministero della Salute. Quest’ultimo, deputato al controllo sulla gestione commissariale, con un parere emesso a marzo del 2014 ha mosso una serie di rilievi sullo statuto e in particolare sulla determinazione delle indennità di carica per i membri del consiglio di amministrazione. Il ministero, infatti, nel documento fa notare che l’organismo di vertice del “Caporale” «avrebbe potuto opportunamente operare ricorrendo ai parametri previsti negli altri Izs, che riconoscono al presidente e ai componenti del cda un’indennità lorda annua rispettivamente pari al 20% e al 10% degli emolumenti del direttore generale». Nonostante il parere negativo, però, il decreto firmato da Chiodi ha dato efficacia allo statuto, compreso il calcolo dei compensi.
A certificarlo è la sentenza del tribunale emessa l’8 gennaio che accoglie l’istanza presentata da quattro dei cinque componenti dell’ex cda, tra cui il rappresentante del ministero della Salute, contro il mancato versamento delle indennità. L’istituto, rappresentato in giudizio dall’allora direttore generale Fernando Arnolfo, si era opposto al pagamento invocando proprio il parere del ministero e l’inefficacia dello statuto in quanto scavalcato dalla legge regionale di riordino varata nel 2014 che ha ridotto a un terzo il compenso spettante a ciascun consigliere. Secondo il giudice, però, la validazione ministeriale non ha forza «condizionante l’atto regionale, dovendo alla stessa piuttosto riconoscersi la natura di generico controllo collaborativo circa l’osservanza da parte della Regione dei vincoli imposti dal piano di rientro della spesa sanitaria». Questo principio, sempre stando alla sentenza, vale a maggior ragione nel caso, come quello preso in esame, di un atto adottato «in sostituzione del competente organo regionale dal commissario ad acta di nomina governativa, operando questi già come longa manus dello Stato».
Pur ritenendo esistente il «contrasto rilevato dal ministero» il giudice considera comunque efficace la disposizione relativa alle indennità di carica in mancanza di un ulteriore nuovo statuto che renda esecutive le disposizioni contenute nella legge del 2014, in base alla quale tra l’altro i componenti del cda sono stati passati da cinque a tre. Nel giro di un anno, insomma, il quadro normativo regionale è cambiato dando attuazione alla riforma dettata dal governo, ma lo statuto adottato nel 2013 dall’ex cda e avallato dal decreto di Chiodi resta valido e costerà all’istituto circa 600mila euro per le indennità.
Zooprofilattico, ricorso in appello contro gli stipendi dell’ex cda
Il tribunale ha dato ragione ai passati amministratori, ma l’attuale presidente Di Pasquale non ci sta: «Non potevano assegnarsi tutti quei soldi». La contestazione riguarda una spesa di 600mila euro
Sarà il giudizio in appello a stabilire se le indennità degli ex componenti del consiglio di amministrazione dell’Istituto zooprofilattico “Caporale” sono congrueo meno. La sentenza del tribunale civile di Teramo, che ha ritenuto corretti i compensi riconosciuti ai cinque membri del consiglio di amministrazione rimasti in carica per circa tre anni, è stata impugnata dai nuovi vertici dell’Istituto. «Abbiamo deciso di presentare appello», sottolinea Manola Di Pasquale, di recente designata alla guida dello Zooprofilattico, «perché i nostri predecessori si sono autodeterminati l’indennità nonostante fosse in corso l’approvazione della legge regionale di riforma».
L’ex cda, prendendo spunto dal decreto legislativo di riorganizzazione degli istituti zooprofilattici in Italia, nel 2013 aveva adottato lo statuto in cui il compenso per ciascun componente veniva commisurato al 30% dello stipendio del direttore generale. A conti fatti, stando anche alla sentenza impugnata, la spesa a carico del “Caporale” sarebbe di oltre 600mila euro per il triennio in cui sono rimasti in carica gli ex amministratori. Secondo l’attuale presidente Di Pasquale si tratta di una cifra troppo alta, anche alla luce di quanto a suo tempo evidenziato dal ministero della Salute che riteneva più adeguate indennità pari al 10% per i consiglieri e al 20% per il presidente. «Alle casse dell’istituto verrebbero tolti quasi 700mila euro», tiene a precisare, «e questo ci dispiace molto perché sono soldi che potrebbero finanziare la ricerca». La presidente dell’Izs auspica un accordo con l’ex cda che riduca l’esborso, facendolo rientrare nei limiti che con il varo della legge regionale sono stati uniformati alle indicazioni ministeriali. I tentativi fatti finora, però, sono caduti nel vuoto e la sentenza di primo grado ha reso esecutiva l’indennità calcolata dagli ex componenti del cda. Determinante nella decisione presa dal giudice è stato l’avallo dato allo statuto, e di conseguenza ai compensi, da parte dell’allora presidente della Regione Gianni Chiodi, che rivestiva anche la carica di commissario alla sanità. Nonostante le riserve espresse dal ministero, ritenute nella sentenza non condizionanti, il provvedimento dunque ha assunto efficacia. «Chiodi però avrebbe dovuto bloccarlo, considerati anche i cambiamenti in corso», sottolinea la nuova presidente, «ma non l’ha fatto». Di Pasquale non entra nel merito di questa scelta ma si augura che la sentenza di appello ribalti il giudizio di primo grado scaturito dall’istanza presentata da quattro dei cinque componenti dell’ex cda contro il mancato pagamento delle indennità.
Nel frattempo, infatti, la legge regionale di riordino degli istituti zooprofilattici è entrata in vigore. Il nuovo consiglio di amministrazione ora è formato da tre membri i cui compensi corrispondono al 20% per il presidente e al 10% per di consiglieri dello stipendio del direttore generale. «In tutto, l’istituto spende 44mila euro l’anno», conclude Manola Di Pasquale, «a fronte dei 220mila euro indicati nel vecchio statuto».
Gennaro Della Monica – Il Centro – 21 febbraio 2016