È durato otto ore, per poi finire con una diagnosi di malaria, l’allarme Ebola a Torino dove ieri mattina un uomo da poco tornato dalla Guinea si è presentato al pronto soccorso delle Molinette con la febbre molto alta. I medici e gli infermieri che erano al triage non hanno perso tempo: hanno combinato i sintomi, la provenienza dell’uomo e i tempi di incubazione e hanno fatto scattare il piano di emergenza.
Il paziente, 45 anni, originario della Guinea, ma da anni residente in provincia di Torino dove lavora come manager di import ed export, è stato messo in isolamento in una delle stanze speciali del pronto soccorso lontano dal flusso normale del reparto di emergenza di uno degli ospedali più frequentati della città.
Il timore che potesse trattarsi del virus che un anno e mezzo fa ha scatenato una delle più grosse epidemie mondiali in alcuni paesi dell’Africa Occidentale era dovuto proprio alla provenienza del paziente tornato meno di una settimana fa da una lunga vacanza in Guinea che, insieme con Liberia e Sierra Leone sono stati centro di importanti focolai di malattia e dove l’epidemia è tuttora in corso. E’ stato via 50 giorni ed è tornato la scorsa settimana con un aereo atterrato a Caselle da Parigi. Poco dopo il suo rientro nel Torinese si è accorto di avere la febbre. Ha aspettato qualche giorno prima di presentarsi al pronto soccorso accompagnato dalla moglie italiana.
La donna non è stata sottoposta a nessuna terapia dal momento che solo con la certezza del virus inizia la profilassi anche per i familiari e le altre persone entrate in contatto con il paziente. «La febbre si può spiegare anche con un caso di malaria ma vista l’area di provenienza e i tempi di incubazione della malattia è partito il protocollo», spiegava nel pomeriggio Vittorio De Micheli, responsabile del servizio epidemiologico di Alessandria. A tarda sera è proprio questa seconda ipotesi, una febbre malarica, ad essere confermata dalle prime analisi.
Alle Molinette sono stati eseguiti i primi prelievi di sangue poi inviati al centro specializzato dell’ospedale Amedeo di Savoia e all’ospedale Spallanzani di Roma, centri di riferimento per la gestione del virus a livello regionale il primo e nazionale il secondo.
Qualche ora più tardi anche il paziente è arrivato nelle stanze del reparto di malattie infettive diretto da Giovanni Di Perri. Lo ha trasferito un’ ambulanza completamente isolata dall’esterno dove medici e barellieri hanno indossato speciali tute stagne per evitare ogni possibilità di contagio. Anche nel reparto speciale dell’Amedeo di Savoia, allestito nell’ottobre scorso proprio per fronteggiare casi simili, si entra solo con le tute stagne e con un badge di riconoscimento. Le porte si aprono in sequenza. «Sono stanze del reparto che abbiamo adibito proprio per trattare sospetti casi di Ebola », spiega Di Perri. La prima conferma se si tratti o meno di ebola arriverà proprio dai laboratori dell’ospedale: «I nostri esami sono negativi», dice De Micheli. Sono da poco passate le 20. Il paziente resterà in isolamento fino ad oggi perché la procedura prevede che il via libera arrivi dallo Spallanzani di Roma ma è una pura formalità. Il pericolo Ebola è sparito. Intanto i medici hanno già iniziato la profilassi per la malaria, una cura che il paziente potrà proseguire tranquillamente a casa.
E’ la prima volta che in Piemonte la procedura d’emergenza per un sospetto caso di Ebola arriva ad uno stadio tanto avanzato. Dall’inizio dell’epidemia sono stati diversi i falsi allarme che hanno fatto scattare i primi accertamenti: tutti i casi però si sono risolti ben prima perché spesso si trattava di persone che pur provenendo da paesi a rischio avevano già ampiamente superato il periodo di incubazione del virus
Repubblica – 18 agosto 2015