«A me personalmente se si andasse al voto anticipato in Lombardia non mi dispiacerebbe». È bastata questa frase, apparentemente innocente, pronunciata dal sindaco di Verona Flavio Tosi a scatenare ieri un improvviso nervosismo nell’alleanza che unisce Lega e Pdl alla Regione Veneto, impasto di cui è formata la stessa maggioranza politica con cui Formigoni governa in Lombardia.
Tosi tuttavia è segretario Veneto del Carroccio e a Milano le sue parole hanno avuto un effetto urticante trovando orecchie attente e molto maliziose. Il sindaco veronese parlava da Vasto, in un dibattito organizzato dall’Italia dei Valori di Di Pietro e, tra le altre cose, en passant, si è lasciato scappare che non gli «dispiacerebbe», appunto, andare al voto anticipato in quella regione. Paolo Valentini, capogruppo del Carroccio al Pirellone, le ha lette come si legge un lapsus freudiano, un desiderio proibito venuto a galla, la prova che qualche pensiero in proposito la Lega ce l’ha. Una spallata leghista alla giunta Formigoni? Il presidente lombardo è da tempo sulla graticola per via di certe sue frequentazioni milionarie con l’imprenditore Daccò, regali, capodanni alle Maldive e yacht a messi a disposizione, circostanze che hanno messo in imbarazzo non solo il Pdl ma anche la Lega che lo appoggia. La Lega lombarda, dopo la catastrofe Belsito, persegue la purezza, forse è convinta di averla raggiunta, tanto che il capogruppo Pdl della Lombardia Valentini, letti i resoconti di Vasto, li ha interpretati nel peggiore dei modi, vale a dire come una minaccia alla sopravvivenza della giunta Formigoni. «Tosi vuole forse le elezioni anticipate in Lombardia e in Veneto? – ha fatto sapere all’Ansa – bene, sappia che facendo cadere Cota cade anche Zaia: se Tosi ha un qualche potere nella Lega devono solo dirlo – ha poi aggiunto – noi del Pdl siamo pronti. Ricordo al sindaco di Verona che i gruppi del Pdl delle Regioni del nord sono uniti e compatti: se la Lega fa cadere una regione, Cota e Zaia saltano immediatamente». Non solo Zaia dunque, ma anche il Piemonte di Cota. Il diritto di rappresaglia esiste, in politica funziona come l’equilibrio nucleare al tempo della guerra fredda: e tuttavia, la sortita di Tosi starebbe a significare anche che la penitenza leghista, lo scandalo del Trota rientrato e che, alfine si sentono pronti ad affrontare il gradimento delle urne. Almeno i veneti. Per questo la minaccia è presa sul serio e i rapporti tra veneti e lombardi sono tornati tesi. I nuvoloni della burrasca si sono addensati il giorno dopo in cui Lega e Pdl sembravano aver ritrovato il bel tempo sotto il cielo di un comune progetto di macroregione. Macroregione del nord voluta da Maroni (domani, martedì, una mozione fotocopia verrà presentata in tal senso dalla Lega in quattro consigli regionali del nord), macroregione benvoluta anche dal Pdl veneto. Al punto che il suo capogruppo Dario Bond si era compiaciuto con l’alleato leghista: «Mi fa tanto piacere, è la nostra linea, la linea proposta da Formigoni» aveva detto, spingendosi anche a dire che la macroregione era la configurazione di un possibile e futuro partito del nord. L’inciso tosiano di Vasto, in realtà, lancia ombre anche sulla compagine venetista, è noto che Zaia preferisce il Veneto alla macroregione e Tosi, con la sua uscita, minaccia di fargli saltare la poltrona.
La Nuova Venezia – 24 settembre 2012