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Treviso. Confermato caso di lebbra. Bengalese di 37 anni era stato ricoverato per problemi al cuore. Zaia: “Massima attenzione negli ospedali”

Ma precisano i medici è una malattia poco contagiosa che la letteratura scientifica ha quantificato in una decina di casi l’anno in Italia. La diagnosi è stata effettuata all’ All’ospedale Ca’ Foncello su un uomo di nazionalità bengalese residente in Italia da circa 8 anni nel Comune di Quinto di Treviso.

Era andato in ospedale per alcuni problemi al cuore. Hanno scoperto che aveva la lebbra. Un uomo di nazionalità bengalese di 37 anni, in Italia da circa 8 anni, residente nel Comune di Quinto di Treviso, è ricoverato da ieri nel reparto malattie infettive dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, sotto stretta osservazione.

A dare la notizia, nella serata di ieri, è stato il presidente della Regione Luca Zaia che, non appena informato dal direttore generale dell’Usl 9 Giorgio Roberti e dal direttore generale della sanità veneta Domenico Mantoan, ha subito incaricato quest’ultimo di «alzare al massimo livello la sorveglianza sanitaria, la prevenzione e la profilassi su tutto il territorio».

Il Dipartimento di Prevenzione dell’Usl 9 ha quindi attivato i protocolli del caso che prevedono la visita dermatologica sulle cinque persone conviventi con il paziente, controllo che verrà eseguito nel corso della giornata di oggi, presso la Dermatologia del Ca’ Foncello. «Si tratta di un segnale molto brutto – sottolinea Zaia – che testimonia come purtroppo le nostre preoccupazioni sulla ricomparsa di malattie da tempo debellate fossero fondate. Una giovane donna morta di Tbc poco tempo fa, oggi questo caso di lebbra – aggiunge Zaia – sono elementi che provano il ritorno di patologie, perlopiù infettive, che qui erano scomparse da 200 anni, nei confronti delle quali l’attenzione del nostro sistema sanitario è e sarà massima. Il nostro primo obiettivo – prosegue il governatore – è quello di salvaguardare la salute pubblica e quella di ogni singolo cittadino Veneto e lo faremo mettendo in campo tutte le elevate professionalità dei nostri medici e l’intera organizzazione sanitaria ospedaliera e territoriale. Oggi più che mai – conclude Zaia – dobbiamo tenere alta la guardia, a cominciare dai siti, che tra l’altro i nostri controlli hanno dimostrato essere assolutamente inadatti allo scopo, dove il governo nazionale impone di ricoverare gli immigrati dell’operazione Mare Nostrum , i primi da tenere sotto controllo sanitario perché purtroppo la quasi totalità dei migranti provengono da Paesi dove profilassi e prevenzione di queste malattie non esistono, e questo a salvaguardia di tutti, migranti compresi».

Il paziente bengalese era stato ricoverato per una sintomatologia di tipo cardiologico in unita coronarica. E’ stato effettuato uno studio emodinamico e sulla base dei sintomi emersi sono state poi effettuate biopsie cutanee che, per l’appunto, hanno dato esito di una forma di lebbra. In malattie infettive è quindi iniziato trattamento specifico in accordo col centro di riferimento nazionale di Genova. I medici dell’Usl 9 tranquillizzano la popolazione: «Si tratta di una malattia poco contagiosa che, sinora, la letteratura scientifica ha quantificato in una decina di casi l’anno in Italia».

Rassicurazioni a cui si uniscono quelle dell’epidemiologo Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Scientifico Nazionale per le malattie infettive «Lazzaro Spallanzani» di Roma: ««Non c’è nulla di cui preoccuparsi perché il paziente è stato isolato subito dopo la diagnosi e sarà curato come previsto dai protocolli. Non esiste alcun rischio che si sviluppi un contagio o un’epidemia tra la popolazione. Non capisco poi questa agitazione legata alla nazionalità della persona colpita. In Italia sono ancora aperti due lebbrosari, ad Acquaviva delle fonti e a Genova, e abbiamo circa un centinaio di “lebbrosi italiani” che all’insaputa dei media potrebbero provenire anche dal Veneto. Non mi pare che in tutti questi casi si generi chissà quale allarmismo, dunque non capisco perché l’episodio di Treviso debba fare eccezione».

Ma.Bo – Corriere del Veneto – 7 agosto 2014 

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