Gabriella Minuzzo era una dipendente dell’istituto comprensivo di Casale sul Sile: alla ragazza arrivavano 1.200 euro al mese
TREVISO – Un anno e dieci mesi di reclusione per peculato: questa l’entità del patteggiamento, con sospensione condizionale della pena, accordato a Gabriella Minuzzo, rea di aver di aver fatto figurare la figlia disoccupata come docente in servizio all’Istituto comprensivo di Casale sul Sile (in cui l’imputata era impiegata amministrativa) facendole percepire uno stipendio non dovuto di 1.200 euro netti al mese (l’equivalente di 9 mila euro lordi che venivano contestati) per almeno quattro mensilità e di aver fatto sparire dalle casse della scuola ulteriori 24mila euro.
Una duplice inchiesta, coordinata dal pm Antonio De Lorenzi, e scattata nell’ottobre del 2011, che aveva portato anche Chiara Ceselin, la figlia della 50enne, a essere imputata di concorso in peculato, accusa dalla quale è stata poi assolta a processo con formula piena il 28 marzo scorso.
Per la madre invece, ex impiegata dell’istituto comprensivo di Casale sul Sile, il procedimento era stato stralciato e poi riunificato con il secondo, quello relativo al “buco” di 24mila euro dalle casse della scuola. Di fronte al gup Umberto Donà è stato appunto formalizzato il patteggiamento della pena per entrambe le vicende. Gabriella Minuzzo, difesa dagli avvocati Elena Rebecchi e Cristiano Dalla Torre, aveva sempre respinto le accuse relative al denaro che si sarebbe intascata (stando a quanto le ha contestato la Procura di Treviso) sostenendo che si trattava di denaro che le sarebbe regolarmente spettato, corrispondente cioè a ore di lavoro straordinario firmate peraltro dalla direttrice dell’istituto scolastico. A supporto di questa tesi, a indagini chiuse, aveva presentato una memoria difensiva in cui erano presenti i bonifici bancari e le disposizioni di pagamento certificate dalla scuola.
A far scattare la denuncia era stata una collega della Minuzzo la quale, notando movimenti di denaro sospetti, decise di approfondire gli accertamenti informando poi l’autorità giudiziaria. Dalle indagini emerse che l’ex impiegata avrebbe iscritto la figlia nel libro paga della scuola come insegnante di ruolo quando in realtà era precaria. Dai successivi accertamenti venne a galla anche la seconda contestazione. Dopo l’avvio dell’inchiesta la Minuzzo era stata trasferita all’istituto comprensivo di Breda di Piave, posto di lavoro dal quale successivamente lei stessa si era licenziata.
Gazzettino – 9 maggio 2013