Otto nuovi punti di sparo a Valdobbiadene, sul Monte Cesen, per provare a limitare i danni provocati dai cinghiali. È la mossa della Provincia di Treviso dopo la scia di distruzione lasciata nei giorni scorsi da alcuni branchi sui pascoli della zona.
«I cinghiali producono un effetto simile a quello dell’aratro – spiega il presidente di Confagricoltura Treviso Lodovico Giustiniani -. Cercano bulbi ed alzano il terreno raggiungendo una profondità di 30 centimetri: dopo il loro passaggio servono 6 anni perché il cotico erboso si ricostituisca. Questo dannoso estraneo mette a serio rischio coltivazioni, malghe, praterie». Il «prelievo» dei cinghiali (nel 2013 erano stati più di 1.000 quelli abbattuti) è stato quindi potenziato ed affidato a circa 100 cacciatori. «Spareranno in sicurezza in punti georeferenziali – spiega l’assessore provincialea Mirco Lorenzon -. I cinghiali sono una specie non autoctona, per cui priva di antagonisti».
Cinghiali, denunciata la Provincia. La rivolta di malgari e operatori turistici: danni per migliaia di euro
Ristoratori, allevatori e operatori turistici del comprensorio del Cesen chiedono un risarcimento di centinaia di migliaia di euro alla Provincia, per i danni subiti dalla presenza dei cinghiali. Un centinaio di capi sta divorando i pascoli e danneggiando sentieri, aree di sosta e parchi. «Abbiamo investito un milione di euro su Malga Mariech – spiega il gestore Fabio Curto (Confagricoltura) – ora mi trovo nella condizione di non avere prati per i miei 250 bovini, mentre le aree dedicate ai turisti sono devastate. La situazione è fuori controllo». Ieri sono andati in sopralluogo sulle montagne di Valdobbiadene (ma il problema parte da Segusino e arriva a Miane) il Corpo Forestale di Treviso, la Provincia, i Servizi Veterinari dell’Usl8, Confagricoltura e l’amministrazione comunale. Gli ettari interessati dalla presenza dannosa dei cinghiali sono un migliaio, e includono un centinaio di lavoratori impiegati in una decina di malghe, bar e ristoranti. Un comprensorio turistico capace di attirare, nei fine settimana d’estate, circa 2.500 persone, per un indotto che gli addetti ai lavori stimano in circa 10 milioni di euro, includendo anche i proventi dell’attività di allevamento e di vendita dei prodotti tipici. «Abbiamo registrato anche il marchio del Formaggio di Malga “Monte Cesen” – spiega Curto – come faremo a continuare a produrlo, se non ci sono più prati su cui far pascolare il bestiame?». Oltre al risarcimento danni, gli operatori del Consorzio di Valorizzazione Montana del Monte Cesen hanno chiesto alla Provincia di intensificare la caccia ai cinghiali. (a.d.p.)
Il Corriere del Veneto e Tribuna Treviso – 1 maggio 2015