Qualificanti la rappresentatività delle sigle sindacali e l’obiettivo di conservare i livelli occupazionali. Un accordo aziendale che modifica l’orario di lavoro in deroga alla disciplina legale e collettiva vigente è pienamente valido ed efficace se ha le caratteristiche previste dall’articolo 8 della legge 148/2011, la norma che ha introdotto il cosiddetto contratto di prossimità.
Così il Tribunale di Venezia, con la sentenza 583 del 24 luglio 2013, con la quale è stata decisa una complessa vicenda. Una cooperativa sociale si aggiudicava l’incarico di erogare servizi di assistenza domiciliare per conto del Comune di Venezia, sostituendo il precedente operatore.
Dopo aver ottenuto l’incarico, la cooperativa assumeva tutto il personale utilizzato dal precedente gestore, ma ben presto ricorso del marito che, finito l’idillio si rifiutava di onorare l’impegno, preso prima del fatidico sì, sostenendo che quel patto era nullo perché contrario all’ordine pubblico e a norme imperative, come quella sul diritto separarsi dal coniuge che non tollera alcuna forma di limitazione. La Cassazione nega però l’esistenza di una norma imperativa che impedisca ai coniugi , prima o durante il matrimonio, di riconoscere un debito verso l’altro e di subordinare la restituzione all’evento, futuro e incerto, della separazione coniugale. si rendeva conto che tale forza lavoro era sovradimensionata rispetto ai fabbisogni effettivi. Pertanto tentava di negoziare con le organizzazioni sindacali una riduzione dell’orario di lavoro e raggiungeva – dopo lunghe trattative – un accordo aziendale con il quale veniva prevista la riduzione dell’orario di lavoro a 34 ore.
I lavoratori iscritti a sigle diverse da quelle che avevano sottoscritto l’accordo (firmato da Cgil Fp, Cisl Fp e Uil Fp) contestavano la possibilità per l’azienda di adottare, verso di loro, una riduzione di orario.
Il giudice di Venezia ha respinto queste letture, sulla base di due considerazioni.
In primo luogo, la sentenza osserva che secondo il decreto legislativo 66/2003 (il testo unico sui tempi di lavoro), l’orario di lavoro “normale” è fissato in 40 ore settimanali, ma i contratti collettivi, di qualsiasi livello, possono stabilire una durata inferiore.
Inoltre, sempre secondo la sentenza, deve essere considerato quanto previsto dall’articolo 8 della legge 148/2011.
La norma assegna una particolare forza normativa a tutti i contratti collettivi di livello aziendale oppure territoriale, quando questi sono siglati da organizzazioni sindacali che rappresentano la maggioranza dei lavoratori e che perseguono determinate finalità occupazionali.
Tali contratti possono, infatti, derogare alle norme di legge e di contratto collettivo previste per alcune materie specifiche, tra le quali rientra anche l’orario di lavoro e hanno efficacia verso tutti i lavoratori.
Nel caso oggetto del giudizio, il Tribunale riscontra la presenza contemporanea di queste caratteristiche: c’è un contratto collettivo di livello aziendale, firmato da organizzazioni che sono rappresentative della maggioranza dei lavoratori, e c’è una finalità di tipo occupazionale.
In presenza di questi elementi, secondo il Tribunale, ci si trova di fronte a un “contratto di prossimità”, con la conseguenza che l’accordo può validamente regolare, verso tutti i lavoratori, la materia dell’orario di lavoro, anche in modo difforme da quanto previsto dalla legge o dal contratto collettivo di livello superiore.
Il Sole 24 Ore – 22 agosto 2013